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Blog Turismo

 

 

ei sicuramente preso dai preparativi per un’altra estate di fuoco, ma questo non significa che tu o la tua agenzia possiate fare a meno di dare una rinfrescata alla tua SEO prima dei mesi più caldi.

Be’, allora è il momento di tornare a sporcarsi le mani, perché l’algoritmo di Google non si ferma ad attendere i primi freddi per muovere il tuo sito ufficiale in su o in giù nella classifica.

Per aiutarti nel compito, ecco alcuni consigli che ti aiuteranno a dominare le ricerche di Google questa estate.

 

Parla, non scrivere

 

È cambiato il modo con cui attingiamo alle informazioni presenti su internet: secondo Google già oggi 1 ricerca su 5 passa attraverso un assistente vocale.

La crescita della ricerca vocale è ancora più impressionante negli States – mentre è facile prevedere che anche anche l’Europa in generale e l’Italia nel particolare seguiranno questo trend – perciò prepariamoci con metadescrizioni che sfoggino keyword long-tail formate da più di 3 parole e contenuti che sfruttino un tono di voce e una forma più colloquiale.

Devi creare contenuti che siano indirizzati a uno specifico intento di ricerca e rispondano, magari letteralmente, a una domanda.

 

Contenuto davvero utile

 

L’engagement gioca un ruolo sempre più importante nel posizionamento di un sito su Google, perciò la rilevanza dei contenuti mostrati nelle ricerche è sempre più una discriminante.

I contenuti aggiornati costantemente e approfonditi tendono ad avere risultati migliori su Google; i tempi delle risorse fatte con lo stampino, piene di parole chiave e riesumate da siti vecchi di dieci anni, sono finiti da moltissimo tempo.

È importante ora impegnarsi a produrre contenuti curati, contestualmente corretti, ricchi di informazioni e di contenuti audiovisivi. Questo vuol dire ovviamente più lavoro per te (o per l’agenzia), ma anche la sicurezza di spiccare sulla massa.

 

Non aver paura di dilungarti

 

Alcuni studi mostrano come gli articoli più lunghi abbiano più backlink e condivisioni social rispetto a quelli brevi, oltre a mostrare un aumento significativo del tempo di permanenza medio.

Abbiamo tutti fretta, ma quando il materiale è buono siamo disposti a spendere qualche minuto in più a leggere un articolo o a guardare un video. Abbiamo notato, per esempio, come gli articoli con più di 1.500 parole abbiano risultati migliori nel ranking di Google, portando di conseguenza più visite organiche nel tempo.

 

Video SEO

 

Secondo Cisco, entro il 2021 i video rappresenteranno l’82% del traffico totale su internet. È insomma questione di poco prima che il formato video sorpassi qualsiasi altra tipologia di contenuto, perciò dobbiamo farci trovare pronti con un’offerta di contenuti video ben girati, prodotti e promossi.

Questo ti permette di presidiare con il tuo brand e la tua offerta anche YouTube, che ad oggi è il secondo motore di ricerca più importante al mondo. Creare buoni video e seguire i principi base della SEO dopo la loro pubblicazione può significare aprirsi a nuove opportunità e nuove tipologie di clienti.

 

Il potere dei Social

 

I social media sono un ottimo strumento per la crescita di engagement e, se utilizzato bene, può aiutarti anche a convertire fan in ospiti. Del resto il 46% degli utenti guardano a Facebook, Instagram e YouTube quando si tratta di scegliere un acquisto e il 70% delle imprese rivolte a clienti finali hanno visto crescere la propria clientela grazie a Facebook.

Per questo Google e gli altri motori di ricerca tendono sempre più a premiare nel ranking i contenuti che mostrano un buon livello di engagement su più piattaforme. I like, i retweet, i link social e le condivisioni non sono solo un vezzo, ma una cartina tornasole della desiderabilità dei tuoi contenuti.

Costruisci e cura la tua presenza social con post efficaci e seducenti  e poi sfrutta questo nuovo pubblico per portare traffico di qualità sul tuo sito. Non solo ne gioverà la SEO, ma probabilmente porterai qualche bella conversione a casa.

 

Google Search continua a cambiare

 

La SERP (“Search Engine Results Page”, più banalmente la pagina dei risultati di ricerca) di Google è cambiata drasticamente negli ultimi due anni. Quando un tuo potenziale ospite inizia una ricerca, non vedrà più solo una lista di risultati in ordine di pertinenza, bensì sarà accolto da un ventaglio di nuove funzionalità che lo distrarranno dal tuo (ottimo) lavoro SEO.

Il knowledge panel, gli snippets, i suddetti AMP e i local packs stanno, volontariamente, distogliendo l’attenzione degli utenti dalla lista dei risultati organici, diminuendo di conseguenza i click sul sito ufficiale.

Per arginare questo problema, è importante lavorare sui dati strutturati, in modo da offrire a Google una serie di informazioni che lo aiutano a contestualizzare le pagine e creare un “Rich Snippet” per i risultati di ricerca. I Rich Snippet possono aumentare il CTR di un risultato del 30%.

Si tratta di un boost più che significativo che richiede sicuramente la tua attenzione. Il sito Schema.org ti aiuterà a farti un’idea più chiara dei dati strutturati.

 

 

I costi sostenuti per spostare le prenotazioni sul canale diretto sono marginali o addirittura negativi in termini di revenue per l’hotel.” Questo è quello che sostiene la ETTSA in unno studio appena pubblicato. Un’affermazione forte ma soprattutto molto discutibile.

La European Technology and Travel Services Association (l’associazione degli intermediari) si fa forte di uno studio commissionato a un gruppo di economisti specializzati nel settore, ma la nostra esperienza ci mostra che le prenotazioni dirette nella maggior parte dei casi sono meno costose di quelle indirette.

 

ETTSA: la disparità tariffaria fa lievitare i costi di marketing

Lo studio della ETTSA arriva alla conclusione che il profitto netto derivante dalla vendita diretta di una camera si attesterebbe su un semplice + 0,03% rispetto a una indiretta. Nello specifico, su una ADR di 112 €, il profitto netto diretto sarebbe di 80,92 €, mentre quello indiretto sarebbe di 80,94 €.

Questo perché mostrare una tariffa più bassa sul canale diretto inciderebbe negativamente sul “billboard effect” delle OTA, cosa che farebbe lievitare i costi del marketing e delle tecnologie necessarie per acquisire visibilità.

 

Le reazioni allo studio

Le reazioni di molti operatori alle dichiarazioni della ETTSA non hanno tardato ad arrivare. TripTease ha smontato punto per punto le tesi dell’associazione sul suo blog ufficiale.

Lo studio sopravvaluta l’effetto del billboard effect, perché afferma che il 5,35% delle prenotazioni di un hotel sono dovute alla presenza sui portali. Un dato molto difficile da calcolare date le tante variabili in gioco, come molto difficile da calcolare è il costo dell’attività SEO stimato sui 7-10 € a prenotazione

Lo studio immagina solo uno scenario, quello in cui il 100% elle prenotazioni vengono convertite in dirette. Cosa poco realistica, visto che la stragrande maggioranza degli hotel cerca di calibrare un buon mix di canali per ottimizzare l’occupazione. In più si prende come assunto che i clienti fedeli e quelli non fidelizzati siano 50:50, anche questa affermazione è poco realistica.

Lo studio non tiene conto di alcuni fatti reali che hanno un grosso peso, ad esempio non viene scritto da nessuna parte che se le OTA investono in visibilità per la struttura, lo stesso fanno per se stesse, ad esempio su Adwords e sui metasearch, costringendo gli hotel a sostenere spese aggiuntive.

In più, l’ETTSA conclude che la spinta alla prenotazione diretta degli hotel non fa altro che diminuire la trasparenza nei confronti dei consumatori. Un’accusa ingiusta, perché l’hotel ha tutto l’interesse a fa sì che il cliente sappia che cosa acquista.

 

La nostra opinione: le prenotazioni dirette in media hanno un’incidenza costi dal 2 al 10%

Le prenotazioni dirette non sono gratuite. Lo sappiamo tutti. Perché per ottenerle l’hotel deve investire in visibilità per se stesso.

Dunque se da una parte ci sono le commissioni delle OTA (15-25%), dall’altra ci sono i costi di acquisizione diretta (mantenimento sito ufficiale, web marketing, SEO, costi del booking engine) ecc.

Ma siamo sinceri: i costi di marketing ci sono sempre e comunque, sia che l’hotel venda direttamente che indirettamente. Non è che se le OTA mi danno molta visibilità, posso lasciar andare il sito o togliere il booking engine. Quindi i costi per favorire le prenotazioni dirette si vanno casomai a sommare alle commissioni nel caso delle prenotazioni indirette. Ad esempio, se toglieste il booking engine, che ha un costo fisso annuale, le prenotazioni arriverebbero tutte da canali indiretti… riuscite a immaginare i costi?

Come sapete, QNT ha un punto di vista privilegiato sul panorama delle prenotazioni alberghiere, perché ha Simple Booking, booking engine per hotel utilizzato sia in Italia che all’estero. Possiamo quindi attingere a un’enorme quantità di dati reali e abbiamo calcolato che in media l’incidenza dei costi sostenuti dall’hotel per veicolare prenotazioni dirette è va dal 2 al 10%. Questo tenendo conto del fatto che le cose possono variare molto di caso in caso, a seconda della forza del brand dell’hotel, della sua reputazione, dell’entità dei suoi investimenti di marketing e SEO e dall’ADR.

E anche noi non possiamo che dar ragione a TripTease: è irragionevole e scorretto affermare che gli albergatori vogliano togliere trasparenza al rapporto con il cliente. Specie quando i portali hanno per anni fatto pressioni sugli hotel per mantenere una parity che loro stessi si affrettavano a non rispettare quando gli albergatori giravano le spalle.

L’esperimento che facemmo nel 2015 su 20 hotel nostri clienti mostrava chiaramente che questi hotel, che garantivano tutti la parity, nel 42% dei casi risultavano più economici sulle OTA, perché queste aggiravano la parity con piccoli trucchi dannosi (cambi valuta arbitrari, sconti a tempo in orari notturni e mille altri modi).

L’invalidazione della rate parity in tanti Paesi Europei ha proprio questo scopo: permettere a ciascuno di offrire il prezzo migliore che può e garantire alle persone di poter scegliere ciò che risulta per loro più conveniente. In totale libertà e trasparenza da entrambe le parti.

 

 

 

Airbnb per Hotel: conviene davvero?

 

Abbiamo già parlato del nuovo servizio di Airbnb pensato per gli hotel, ma non ci siamo ancora soffermati su quanto la notizia possa scuotere la distribuzione online fin dalle sue fondamenta.

E non soltanto per le basse commissioni: Airbnb ha intenzione di distribuire l’inventario dell’hotel in un modo unico, offrendo un modello che mischia l’approccio delle agenzie a quello dei grossisti.

 

Come funziona Airbnb per gli hotel?

 

Airbnb offre un comodo riassunto in questo documento ufficiale, ma dobbiamo integrarlo analizzando una ricerca di disponibilità di una camera sul portale per farci un’idea più chiara.

Come un’agenzia, anche Airbnb richiede una commissione all’hotel decisamente vantaggiosa, pari nel suo caso al 3% per le tariffe flessibili e del 5% sulle camere vendute con termini di cancellazione rigidi. Le commissioni sono calcolate al netto dell’IVA, al contrario delle OTA che lavorano sempre sul lordo.

La tariffa è mostrata al cliente esattamente come è trasmessa dall’hotel, senza nessun offuscamento da parte di Airbnb.

Se fosse un modello agency puro, la convenienza di Airbnb sarebbe tale da far impallidire l’offerta della concorrenza… ma non lo è. Come detto in apertura, il modello è un ibrido con caratteristiche tutte sue.

Venendo dalla sharing economy, il cliente finale paga prima Airbnb e solo in seconda battuta Airbnb paga l’hotel. Non solo, alla tariffa a notte viene aggiunto un “Costo di servizio” che va dal 5% al 15% e finisce nelle tasche del portale, con l’hotel che non ha alcun potere sulla percentuale prevista né vede un centesimo di questa cifra.

La cosa che rende interessante questo approccio ibrido è la trasparenza di Airbnb verso il cliente finale; l’utente sa bene che sta pagando due entità separate: l’hotel e Airbnb.

Tendendo in considerazione i costi di servizio, mantenere una coerenza tariffaria su tutti i canali compreso Airbnb diventa un caso più complesso da valutare.

 

Quale tariffa usare su Airbnb?

 

Se non si vuole offire un servizio poco appetibile su Airbnb, è importante non trasmettere gli stessi prezzi rispetto agli altri canali, altrimenti con i costi di servizio Airbnb andrebbe fuori prezzo.

Se si considerano i Costi di Servizio e le basse commissioni al netto di Airbnb, le tariffe dovrebbero essere ridotte di una percentuale pari al service fee.

L’unico problema che il modello Airbnb pone nel mantenimento di una coerenza tariffaria è l’aleatorietà dei Costi di Servizio il cui calcolo in percentuale sulla tariffa non è spiegato né pare essere prevedibile.

 

Conviene più vendere sulle OTA o su Airbnb?

 

Una distribuzione sana non può prescindere da una presenza capillare su tutti i canali, specialmente quelli con una copertura globale come Booking ed Expedia, ma è interessante farsi un’idea di quale piattaforma di distribuzione porti entrate nette superiori.

Un semplice modello fatto da Mirai mostra come le entrate nette per gli hotel con una tariffa tipo di 100 € vedano Airbnb in vantaggio sulle altre OTA, ma banalmente dietro alle prenotazioni dirette.

Oltre a questo, è importante ricordare come Airbnb non applichi per ora sconti lineari sulle tariffe con piani come Genius o i pacchetti volo-hotel, di fatto proteggendo la struttura dall’erosione del proprio ADR e un controllo reale e costante delle proprie tariffe. Una tariffa più bassa su Airbnb potrebbe nel lungo termine portare comunque un netto all’hotel più alto.

 

Conclusione

 

Airbnb, da “nemico” degli hotel, potrebbe diventare alleato dell’hotellerie verso una riduzione dei costi di distribuzione e un costo dei servizi terzi a carico dell’utente finale e non dell’hotel.

Dietro le tante novità del 2018, forse è proprio il colosso dell’home sharing a diventare la vera “disruption” del settore travel.

 

Non solo TripAdvisor: la reputazione del tuo hotel passa anche da Google

 

L’importanza delle recensioni sulla reputazione online di un hotel non ha bisogno di particolari introduzioni. Possiamo chiederci, però, quanto lo sia.

Secondo una ricerca di BrightLocal, l’85% degli ospiti crede alle recensioni online esattamente quanto delle raccomandazioni fatte da amici e familiari.

Questo dato aggregato è solo uno dei risultati dello studio svolto sulla reputation di più di 50.000 imprese negli Stati Uniti, basato sulle recensioni online raccolte dal 2012 al 2017 e suddivise per piattaforma.

Guardando i dati sotto forma di grafici, l’ascesa di Google è a dir poco impressionante.

 

La crescita straordinaria di Google

 

Gli sforzi di Google negli ultimi anni per entrare nel campo delle recensioni “local” ha dato i suoi frutti: la crescita nel numero di recensioni annuali è stata ai limiti dell’esponenziale.

Dal 2013 al 2014, il numero di recensioni è cresciuto dell’80% mentre l’anno successivo del 114%. Nel 2016 BrightLocal ha registrato un aumento del 278% su base annuale.

La ricerca ha ipotizzato tre motivi dietro questo fenomeno:

Google possiede il motore di ricerca per eccellenza, perciò chiunque cerchi un’impresa locale ha l’opzione di lasciare una recensione direttamente dal SERP;

l’integrazione nativa di Google su Android ha permesso all’azienda di mostrare le review di Google My Business a milioni di utenti su smartphone ogni giorno;

Google spinge attivamente i propri utenti a scrivere recensioni aumentando notevolmente le notifiche sugli smartphone dopo la visita in un hotel.

Google non offre la piattaforma di recensioni online più numericamente fornita, ma di sicuro quella più visibile. Per questo motivo molte imprese stanno spingendo sempre di più i propri clienti a lasciare un feedback su Google rispetto ad altre piattaforme, con i risultati che possiamo vedere anche qua sotto.

Vedendo questo grafico, la spinta di Google a partire dalla metà del 2016 è evidente, con un’ulteriore balzo in alto nel secondo trimestre 2017. Magari l’attuale ubiquità delle recensioni su Google rallenterà la crescita della piattaforma, ma attualmente i dati non sembrano corroborare questa ipotesi.

 

Facebook si riprende dalla crisi delle review

 

Google non è l’unica piattaforma ad aver visto una crescita significativa nel numero di recensioni. Facebook ha aumentato il volume di review in maniera non dissimile, incoraggiando gli utenti a registrare la propria posizione sulla piattaforma appena entrati in hotel e richiedendo una recensione subito dopo.

Facebook è stata fino al 2014 il leader nella crescita di recensioni, ma poi ha subito un evidente rallentamento che è durato fino al terzo trimestre 2016. La posizione sempre meno prominente delle bacheche delle pagine nell’esperienza di navigazione su Facebook aveva penalizzato le review, passate in secondo piano.

Con i giusti correttivi, però, Facebook ha visto il 71% di recensioni in più nel 2016 rispetto al 2015, con i risultati del 2017 che sono ancora più notevoli.

 

TripAdvisor è sempre TripAdvisor

 

Google e Facebook sono sicuramente cresciuti come piattaforme per la reputazione online di un hotel, ma ciò non vuol dire che TripAdvisor non sia ancora il re del settore. E con ampio, ampissimo margine.

Ogni hotel ha una media di 47,5 nuove recensioni l’anno su TripAdvisor, ben tre volte superiori a quelle ricevute in media su Google My Business.

Nonostante i progressi fatti dalla concorrenza, TripAdvisor rimane il primo barometro della reputazione online di un hotel.

 

Consigli come ricevere al meglio gli Ospiti 

Personalizzare è sempre uno degli imperativi in hotel. E sono abbastanza certo che lo rimarrà per molto tempo a venire.

Oggi i viaggi, allo stesso modo degli hotel, rischiano la cosiddetta “commoditization”. Tutto volge verso l’appiattimento dei servizi, dei costi, dell’estetica. E le esperienze di viaggio sembrano sempre più seguire un copione pieno di banalità da cartolina, che è il motivo per cui le esperienze di Airbnb stanno avendo una tale presa sul pubblico.

Per questo vi offriamo 8 spunti per fare in modo che il soggiorno dei vostri ospiti non finisca per essere uno dei soliti tour.

1 – Email personalizzate

Con tutto questo turbinare di tecnologie e nuove frontiere per il travel online, alcune volte rischiamo di dimenticarci le basi, come una solida e strutturata strategia di email marketing. Se volete che le vostre e-mail non vengano cestinate al primo colpo, devono portare contenuti utili e piacevoli, che stuzzichino la curiosità degli ospiti. A seconda della lingua e della tipologia degli ospiti prima del soggiorno potete inviare informazioni utili per conoscere il territorio, orari e consigli pratici. Ad esempio come vestire a seconda del meteo, dove parcheggiare o come raggiungere il centro. Potete anche inviare una email durante il soggiorno degli ospiti, calibrando i contenuti in base alle informazioni che siete riusciti a raccogliere per ciascuno di loro. Se ad esempio avete una coppia di giovani sposi, perché non indicare i migliori ristoranti romantici?

2 – Sondaggio pre-arrivo

Il San Firenze Suites, una prestigiosa residenza d’epoca in centro a Firenze, è solita inviare dei piccoli questionari per email ai clienti prima del loro arrivo in struttura. In questo modo è come se si instaurasse fin da subito un rapporto di fiducia con lo staff. I clienti apprezzano questo contatto perché sanno che in questo modo, una volta arrivati in hotel, avranno a disposizione tutto ciò che vogliono. Ci sono strutture che chiedono semplicemente il motivo della visita. Altre invece vogliono conoscere il cuscino preferito, la fragranza della stanza e la temperatura più gradita. I livelli di personalizzazione possono variare su larga scala, ma potete stare certi che più informazioni saprete in anticipo più farete felici gli ospiti.

3 – CRM

In Italia finalmente molti hotel indipendenti iniziano a utilizzare un CRM (Customer Relationship Management). Rimane uno degli strumenti migliori per personalizzare il soggiorno dell’ospite perché permette di tracciare qualsiasi informazione riguardante i clienti, che poi lo staff può utilizzare per migliorare il servizio, per stupire il cliente ma anche per fare azioni di marketing altamente targettizzate. Ad esempio, a seconda del motivo per cui il cliente è da voi, potete predisporre un “kit di benvenuto” con cose utili al suo soggiorno. Se è in viaggio di piacere potete fargli trovare in camera mappe e itinerari personalizzati. Se invece viene con la famiglia potete predisporre qualche caramella per i bambini e dei dvd da guardare nel tempo libero. Se invece è un cliente abituale e conoscete le sue preferenze, viziatelo quanto volete anticipando tutte le sue richieste.

4 – Dynamic Packaging

Date ai vostri clienti la possibilità di personalizzare il soggiorno in modo autonomo fin dalla prenotazione sul sito. Se il vostro booking engine è dotato di modulo per il dynamic packaging potete inserire tanti servizi aggiuntivi, soprattutto quelli più richiesti dai clienti. In più, sapendo che cosa hanno ordinato gli ospiti potete raccogliere dati importanti, come la disponibilità a spendere o le motivazioni del viaggio, che vi saranno utili in un secondo momento durante il soggiorno.

5 – Tablet in camera

Se avete intenzione di fare un investimento importante per il vostro hotel, potreste dotare ogni camera di un tablet. Alcune strutture, soprattutto all’estero, hanno inserito in questi device applicazioni per la personalizzazione in tempo reale del soggiorno. Da qui il cliente può ordinare la cena, regolare le luci della camera e l’aria condizionata, richiedere un servizio speciale per il giorno successivo o vedere cosa c’è nei dintorni e trovare le indicazioni per raggiungere una destinazione. Ma anche scegliere la musica da ascoltare e leggere i libri o i giornali nella propria lingua precaricati sul dispositivo.

Se volete fare un passo ulteriore, esistono ora veri e propri smartphone pensati per gli hotel come Handy, ottimi per i clienti extraeuropei che vogliono rimanere online e raggiungibili telefonicamente senza subire un salasso di tariffe roaming, utili per gli hotel che possono recuperare molte informazioni utili dal suo utilizzo.

6 – Instant messaging

Per molti mandare un messaggio è meno impegnativo che telefonare al front desk, quindi mantenere un canale aperto su Facebook Messenger e WhatsApp è ormai imperativo. Per farlo però è importante formare qualcuno dello staff per essere pronto a rispondere e intervenire nella chat immediatamente, altrimenti si rischia di creare false aspettative e di deludere il cliente.

7 – L’esperto in struttura

Avete mai pensato di assumere un concierge per fare il personal assistant? Qualcuno a disposizione dei clienti gratuitamente per dare consigli e informazioni di qualsiasi genere. Avere un membro dello staff dedicato a questo può essere un buon modo per personalizzare l’esperienza del viaggiatore. Certo deve trattarsi di qualcuno molto bravo nelle relazioni, che parli le lingue e che conosca bene il territorio, in modo che possa dare a ciascuno i suggerimenti di cui ha bisogno.

8 – Formazione dello staff

Nessuna tecnologia può battere la capacità dello staff di intuire, capire e riconoscere i bisogni del cliente. Addestrate il vostro team e organizzate il lavoro di squadra per personalizzare al massimo il servizio ai clienti e stupirli durante il soggiorno. L’importante è responsabilizzare i vostri collaboratori e dotarli di una certa libertà per risolvere i problemi e coccolare gli ospiti. Solo così potranno intervenire in modo tempestivo e superare tutte le aspettative. Tra tutti gli investimenti, questo dovrebbe essere in cima alla vostra lista.

 

 

Chi lavora nel marketing, ancor prima di gettare le fondamenta di una campagna, si chiede: chi è il mio acquirente tipo? E subito dopo: a quale generazione appartiene?

Conoscere il proprio target in base alla fascia demografica è sempre stato importante nella comunicazione pubblicitaria, ma ora anche gli albergatori più scaltri riconoscono l’importanza di un approccio simile anche nell’hotellerie, consci che un “baby boomer” non vivrà il momento della scoperta, della ricerca e dell’acquisto alla stregua di un “millennial”.

Quali passi intraprendere per attrarre le tre principali generazioni di compratori e quali sono i loro bisogni principali?

 

Baby Boomers: nati fra il 1946 e il 1964

 

La generazione di Baby Boomers richiede un attenzione da parte dell’albergatore superiore a qualsiasi altra; è necessario che l’hotelier li faccia sentire costantemente importanti e coccolati. Senza contatto umano, senza la possibilità di porre domande o semplicemente scambiare opinioni con lo staff, la valutazione che daranno del loro pernottamento sarà inferiore alle aspettative.

Per far felici i Baby Boomers è fondamentale mantenere uno standard elevato nella qualità del servizio dalla prenotazione e per tutta la durata del pernottamento, check-in e check-out compresi. Non solo, per conquistarli è fondamentale offrire valore, come per esempio un pacchetto di benvenuto con prodotti locali o la sempreverde bottiglia di spumante.

Perché tutta questa fatica per agganciare questo target? Perché i Baby Boomers hanno il più alto potere d’acquisto e sono gli ospiti con la più alta percentuale di ritorno, considerata la facilità con cui si fidelizzano ai brand, se trattati già dal primo giorno come un cliente affezionato e abituale.

 

Generazione X: nati fra il 1965 e 1980

 

Ormai una generazione pienamente adulta, sono fra i più frequenti viaggiatori per motivi di lavoro e per questo il miglior target per chi cerca una clientela business. Sono meno naïf dei Baby Boomers, ed essere smaliziati li rende anche meno pazienti. Per conquistarli è necessario dimostrare efficienza, dai servizi della struttura fino al sistema di prenotazione online; non c’è niente che faccia scappare la generazione X più di una tecnologia inefficace e vetusta.

Che sia per lavoro o per divertimento, la generazione X ama gli spazi comuni negli hotel che incentivino la socializzazione. Preferiscono lavorare in mezzo agli altri, così come non disdegnano affatto un albergo che abbia un bar o un salone attrezzato in cui scambiare due parole con altri ospiti.

 

Millennials: nati dopo il 1980

 

I Millennials sono nati in una cultura in cui la velocità di accesso alle informazioni è fondamentale e dove la tecnologia non è un’alternativa alla risoluzione del problema ma spesso l’unica concepibile. Per questo motivo i Millennials non sono particolarmente interessati a un contatto costante con la struttura durante il check-in e tanto meno durante il pernottamento; preferiscono avere i mezzi per rispondere da soli alle proprie domande, senza dover attendere i comodi altrui.

Odiano fare le file e offrire loro un chiosco per concludere le procedure di registrazione senza attendere un vero receptionist li rende immediatamente di buon umore.

Gli ospiti di questa generazione sono i più indipendenti, ferocemente autarchici e poco inclini a fidelizzarsi a un brand, specialmente se non rappresenta in maniera significativa i loro valori (cultura green, strutture pet friendly, prodotti equi e solidali o vegani ecc.) o se le recensioni online, di cui sono avidi lettori, ne offrono un quadro meno idilliaco rispetto alla promozione online dell’hotel.

Per conquistarli è importantissimo gestire con cura certosina la brand reputation e sfruttare i social media per entrare nelle loro abitudini di lettura quotidiane; fra qualche anno le loro posizioni lavorative saranno consolidate, inizieranno a poter spendere per vacanze e viaggi d’affari e conquistarli ora è un buon metodo per assicurarsi decenni di ottimi affari e occupazione sicura.

 

Una delle armi più importanti per un hotel nella lotta alla disintermediazione è il controllo delle proprie tariffe su tutti i canali, con ramificazioni positive per la salute di una struttura che vanno al di là di un semplice aumento di prenotazioni dirette.

Mentre secondo uno studio di Simple Booking avere un prezzo più basso sul canale diretto del 5-8% è uno dei fattori di successo per una strategia di disintermediazione, ogni volta che un hotel è più economico su un canale indiretto subisce un danno concreto, così come lo subiscono i distributori più corretti.

Avere il controllo totale delle proprie tariffe sembra una cosa semplice, ma un errore è sempre dietro l’angolo. Sì, errore: gran parte delle disparità di prezzo a favore degli intermediari sono causate involontariamente da scelte fatte dall’hotel in sede di contrattazione.

 

Prevenire è meglio che curare

 

Per ogni nuovo contratto firmato e per ogni rinnovo è importante assicurarsi che non vi siano clausole legate alle tariffe che rischino di mettervi in una posizione di palese difficoltà. Quando il vostro account manager di un distributore vi offre visibilità o più prenotazioni con un nuovo servizio, non accettate prima di aver controllato con estrema attenzione tutti i termini e le condizioni. Così eliminate gran parte delle vostre preoccupazioni: le OTA più grandi – che incidentalmente sono quelle che muovono più prenotazioni – di solito non si permettono di offrire qualcosa su cui non vi siete accordati, implicitamente o esplicitamente.

 

Controllare le tariffe… specialmente quando e dove i distributori non se l’aspettano

 

Anche quando pensate che le tariffe siano settate e distribuite in modo corretto dal channel manager, le vostre camere rischiano di essere più convenienti su canali indiretti. Come svelato anche da Charlie Osmond durante il suo intervento alla BTO, i distributori utilizzano qualche trucchetto per assicurare un prezzo migliore sui propri canali:

Giocano sul cambio di valuta

Offrono tariffe più convenienti quando è notte nella destinazione dell’hotel

Tagliano il prezzo complessivo su soggiorni da più notti

Non rispettano la parità quando le date richieste sono temporalmente lontane

Perché lo fanno? Perché sanno che moltissimi albergatori controllano solo la propria tariffa a notte, in orario lavorativo e soltanto in euro.

Ma quando succedono queste cose?

Quando i contratti sono a tariffa netta, dove un distributore ha più gioco sul prezzo esposto al cliente finale

Quando ci si accorda per promozioni che si estendono al di là del tempo sperato (e magari non sono replicate sul canale diretto).

Quando i Wholesaler e le Bed Bank rivendono le camere a canali online con cui non avete alcun rapporto diretto.

Mettersi nei panni del cliente e simulare una prenotazione nei maggiori mercati di riferimento vi aiuta a capire chi e come gioca sulle vostre tariffe. Se non avete tempo né voi né lo staff dell’hotel, esistono software che controllano i prezzi in tempo reale per voi. Ricordate: la conoscenza è potere!

 

Patti Chiari, Amicizia Lunga

 

Se molte volte le tariffe più basse su un canale indiretto sono spiegate da accordi sfortunati con un’intermediario, esistono casi in cui la colpa è solo di chi non ha rispettato gli accordi presi con voi.

Facendo l’esempio del terzo caso esposto sopra, ovvero una tariffa più bassa su un canale che non ha rapporti diretti con voi, conviene prenotare voi stessi e dal voucher di prenotazione scoprire da quale preciso canale provenga. A quel punto potrete contattare direttamente il wholesaler o la bed bank che ha svenduto una vostra camera. Siate decisi nell’esigere il rispetto degli accordi presi e, se necessario, non esitate a chiudere la disponibilità in alta stagione, aumentare le tariffe o minacciare la rescissione del contratto.

Se avete ragione e vi mostrate pronti a proteggere davvero la vostra integrità tariffaria, probabilmente si mostreranno disponibili a venirvi in contro.

 

Pochi ma buoni

 

Nel tempo, controllando spesso le tariffe noterete alcuni canali che non rispettano le tariffe, mentre altri non vi porteranno un numero di prenotazioni sufficienti. Probabilmente avete troppi canali, e tenerne troppi aperti rende il controllo dei prezzi pressoché impossibile. Meglio tagliare i rami secchi e concentrare la propria distribuzione su pochi canali, ma con buone conversioni.

Con i canali rimasti sarà più facile creare un rapporto di stima e rispetto e loro vedranno le proprie vendite salire non dovendosi spartire il vostro inventario con troppa concorrenza.

 

“E ora che le mie tariffe sono sotto controllo?”

 

Gli effetti di una coerenza tariffaria sono tanti e praticamente tutti positivi, tranne uno.

Prima di tutto scremerete gli ospiti indesiderati; il prezzo è un metodo anche per selezionare la clientela durante l’anno e, quando qualcuno vende le vostre camere con prezzo fortemente ribassati, in sostanza vi costringe a ospitare persone che non vorreste. Potreste quindi vedere una leggera flessione del prenotato, ma ne gioverà il livello della clientela.

Inoltre una perfetta integrità tariffaria si trasforma spesso anche in un aumento del tasso di prenotazione che si aggira sul 30%, con Simple Booking che addirittura ha visto risultati intorno al +37% per chi usava la sua tecnologia proprietaria.

L’aspetto negativo? I canali stabili come Booking.com ed Expedia assorbiranno gran parte dell’indiretto che prima era in mano a canali meno “corretti”, rendendoli competitivi anche in mercati e per soluzioni che prima li vedeva in svantaggio rispetto a wholesalers e bed bank. Questo significa che finita la battaglia per una parità tariffaria, inizierà quella per la visibilità e l’attenzione dei potenziali clienti.

 

 

 

 

 

 

Come rispondere alle recensioni

 

 

Chi ci legge da tempo, saprà quanto teniamo alla causa della “Buona Brand Reputation”, uno dei cui punti cardine è proprio l’arte del saper rispondere alle recensioni online, sia su TripAdvisor, le OTA e gli altri siti di recensioni, che sui Social Network.

Oggi, rispetto a qualche anno fa, sono sempre di più gli albergatori che scelgono la strada della gestione delle reviews piuttosto che quella dell’indifferenza. Eppure sono ancora tanti coloro che puntualmente ci chiedono consigli su quale sia la migliore strategia per gestire la brand reputation, terrorizzati da commettere errori che ne danneggerebbero ancor di più l’immagine pubblica. Per questo abbiamo realizzato una summa delle migliori pratiche per rispondere alle vostre recensioni online.

1. Rispondete all’istante…

 

Vale la pena seguire questa regola per due motivi: il primo è che più tempo lasciate passare, più la recensione – specie se negativa – rimarrà lì in bella vista senza risposta, come un’accusa che lascia solo immaginare il peggio del vostro hotel. Il secondo è che se volete recuperare con la persona che vi ha lasciato un brutto commento, dovete rispondere in modo immediato, in modo da farle capire che la sua opinione vi interessa davvero.

 

2. … sia alle recensioni positive che alle negative

 

Non occupatevi solo delle recensioni negative. Una piccola risposta anche a chi ha speso del tempo per lasciarvi un commento benevolo è un ottimo modo per comunicare a chi vi sta leggendo che il vostro hotel ha davvero a cuore il pensiero degli ospiti. Per le recensioni positive, potete rispondere soltanto a quelle significative per evitare di ripetervi. In entrambi i casi, vale la regola dello scusarsi e ringraziare, sempre e comunque.

 

3. Niente risposte standardizzate

 

Ogni volta che rispondete a una recensione, dovete pensare che non vi leggerà solo il diretto interessato ma anche le altre centinaia di persone che capitano ogni giorno sul vostro profilo. Immaginate perciò che delusione trovarsi di fronte a una pagina piena zeppa di risposte tutte uguali. Darà l’impressione che trattiate gli ospiti più come numeri che come persone. Se invece riuscite a identificare la persona che ha soggiornato da voi, vale la pena menzionare qualcosa di personale o addirittura chiamarla per nome, così che si capisca che vi prendete cura di ognuno singolarmente.

 

4. Siate più colloquiali, meno formali

 

Ogni mezzo ha il suo stile di comunicazione e qui siete sul web. Quindi, pur mantenendo il “lei” quando ve ne sia necessità per dimostrare rispetto nei confronti dell’interlocutore, siete autorizzati a dare del “tu” a chi è giovane o a chi nella recensione si rivolge a voi per nome proprio. Non esagerate con quelle formule che fanno tanto lettera commerciale, come “Gentile cliente – cordiali saluti”. Un po’ di confidenza servirà ad abbattere le distanze e a darvi un tono amichevole e familiare.

 

5. Non arrabbiatevi e non prendetela sul personale

 

Vi abbiamo già elencato 4 Buoni Motivi per non perdere le staffe di fronte a una critica degli ospiti, perciò non ci dilungheremo ulteriormente. Vi basti sapere che reagire in modo violento darà a chi vi leggerà una pessima impressione di voi. In fondo il vostro lavoro è quello di fare felici gli ospiti.

 

6. Organizzate e rendete snello il processo di reazione

 

Scegliete la/le persona/e addette al monitoraggio delle recensioni e alle risposte online. Stabilite la  policy da seguire per gestire anche le situazioni più spinose. Infine stabilite dei momenti nella giornata o nella settimana durante i quali revisionare le risposte e pubblicarle.

 

7. Non autocelebratevi troppo

 

In generale abbiamo constatato che, anche se non dovete mai perdere la dignità, è meglio mantenere un atteggiamento umile, soprattutto nei confronti di chi vi critica. Una raccomandazione importante: non utilizzate le risposte alle recensioni come spazio per pubblicizzare l’ottima qualità dei piatti del vostro ristorante o la raffinatezza delle vostre camere. Certo è una buona occasione per dimostrare che il vostro è un buon hotel, ma ci sono altri luoghi deputati per questo tipo di comunicazione.

 

8. Siate brevi e concisi

 

Ho visto risposte a recensioni davvero molto lunghe e stancanti, difficili da leggere fino alla fine. Anche se dovete spiegare situazioni particolarmente complicate, andate dritti al punto senza eccessivi giri di parole, rischierete solo di annoiare i lettori.

 

9. Risolvete subito le questioni concrete

 

Spesso le lamentele riguardano docce che non funzionano, acqua calda che non arriva o maniglie rotte. Non perdete tempo, fate riparare o cambiare quello che non andava e scrivetelo nella vostra risposta, in modo da dimostrare che nel vostro lavoro siete sempre reattivi al massimo e pronti a risolvere qualsiasi problema.

 

10. Prendetevi le vostre responsabilità

 

Non assumetevi la colpa di uno sbaglio anche quando non la avete ma, allo stesso tempo, non adagiatevi troppo sul gioco dello scarica barile. Accusare vostri sottoposti, colleghi o altri fornitori, come l’elettricista o l’idraulico, darà l’idea che non vogliate prendervi le vostre responsabilità e risolvere in prima persona i problemi.

 

11. Rispondete all’utente, non a chi sta leggendo

 

Ho notato questa pessima abitudine di rispondere alle recensioni senza rivolgersi usando forme che si rivolgono non al cliente che ha scritto, ma a chi sta leggendo (es: “Quello che hanno scritto questi clienti è falso, perché ….). È ovvio che scriviate in primis per spiegare a tutti i lettori la vostra posizione, ma attenzione anche alla forma con cui lo fate, che potrebbe dare di voi una brutta impressione. A voi piacerebbe lasciare una recensione a cui fosse risposto in questo modo un po’ alienante?

Infine, per capire appieno la vostra brand reputation globale, non dimenticate di utilizzare qualche tool di monitoraggio che possa svelarvi i punti di forza e debolezza su cui lavorare!

 

Chi lavora nel marketing, ancor prima di gettare le fondamenta di una campagna, si chiede: chi è il mio acquirente tipo? E subito dopo: a quale generazione appartiene?

Conoscere il proprio target in base alla fascia demografica è sempre stato importante nella comunicazione pubblicitaria, ma ora anche gli albergatori più scaltri riconoscono l’importanza di un approccio simile anche nell’hotellerie, consci che un “baby boomer” non vivrà il momento della scoperta, della ricerca e dell’acquisto alla stregua di un “millennial”.

Quali passi intraprendere per attrarre le tre principali generazioni di compratori e quali sono i loro bisogni principali?

 

Baby Boomers: nati fra il 1946 e il 1964

 

La generazione di Baby Boomers richiede un attenzione da parte dell’albergatore superiore a qualsiasi altra; è necessario che l’hotelier li faccia sentire costantemente importanti e coccolati. Senza contatto umano, senza la possibilità di porre domande o semplicemente scambiare opinioni con lo staff, la valutazione che daranno del loro pernottamento sarà inferiore alle aspettative.

Per far felici i Baby Boomers è fondamentale mantenere uno standard elevato nella qualità del servizio dalla prenotazione e per tutta la durata del pernottamento, check-in e check-out compresi. Non solo, per conquistarli è fondamentale offrire valore, come per esempio un pacchetto di benvenuto con prodotti locali o la sempreverde bottiglia di spumante.

Perché tutta questa fatica per agganciare questo target? Perché i Baby Boomers hanno il più alto potere d’acquisto e sono gli ospiti con la più alta percentuale di ritorno, considerata la facilità con cui si fidelizzano ai brand, se trattati già dal primo giorno come un cliente affezionato e abituale.

 

Generazione X: nati fra il 1965 e 1980

 

Ormai una generazione pienamente adulta, sono fra i più frequenti viaggiatori per motivi di lavoro e per questo il miglior target per chi cerca una clientela business. Sono meno naïf dei Baby Boomers, ed essere smaliziati li rende anche meno pazienti. Per conquistarli è necessario dimostrare efficienza, dai servizi della struttura fino al sistema di prenotazione online; non c’è niente che faccia scappare la generazione X più di una tecnologia inefficace e vetusta.

Che sia per lavoro o per divertimento, la generazione X ama gli spazi comuni negli hotel che incentivino la socializzazione. Preferiscono lavorare in mezzo agli altri, così come non disdegnano affatto un albergo che abbia un bar o un salone attrezzato in cui scambiare due parole con altri ospiti.

 

Millennials: nati dopo il 1980

 

I Millennials sono nati in una cultura in cui la velocità di accesso alle informazioni è fondamentale e dove la tecnologia non è un’alternativa alla risoluzione del problema ma spesso l’unica concepibile. Per questo motivo i Millennials non sono particolarmente interessati a un contatto costante con la struttura durante il check-in e tanto meno durante il pernottamento; preferiscono avere i mezzi per rispondere da soli alle proprie domande, senza dover attendere i comodi altrui.

Odiano fare le file e offrire loro un chiosco per concludere le procedure di registrazione senza attendere un vero receptionist li rende immediatamente di buon umore.

Gli ospiti di questa generazione sono i più indipendenti, ferocemente autarchici e poco inclini a fidelizzarsi a un brand, specialmente se non rappresenta in maniera significativa i loro valori (cultura green, strutture pet friendly, prodotti equi e solidali o vegani ecc.) o se le recensioni online, di cui sono avidi lettori, ne offrono un quadro meno idilliaco rispetto alla promozione online dell’hotel.

Per conquistarli è importantissimo gestire con cura certosina la brand reputation e sfruttare i social media per entrare nelle loro abitudini di lettura quotidiane; fra qualche anno le loro posizioni lavorative saranno consolidate, inizieranno a poter spendere per vacanze e viaggi d’affari e conquistarli ora è un buon metodo per assicurarsi decenni di ottimi affari e occupazione sicura.

 

 

La comunicazione cambia, così come i bisogni e le preferenze dei viaggiatori. Secondo una ricerca di TrustYou, due viaggiatori su tre preferiscono comunicare via messaggi piuttosto che al telefono, mentre il 75% vuole poter parlare direttamente con un membro dello staff.

In un mondo in cui si spinge le tecnologie vocali, fa quasi effetto pensare come i dialoghi via testo siano sempre i preferiti da parte degli ospiti.

Attenta come sempre ai trend del mercato, Google ha per questo aggiunto fra le CTA presenti nelle schede delle attività commerciali il tasto “Message”, con cui contattare direttamente un’impresa senza bisogno di chiamare o mandare email.

Questa è un’opportunità gratuita per connettersi con potenziali clienti e trasformare la semplice ricerca su Google in un momento di interazione e condivisione. Sembra poco, ma poter rispondere anche solo a una domanda – anche triviali come la presenza della connessione Wi-Fi gratuita – di un cliente in maniera personale può fare la differenza fra una conversione diretta e un’occasione persa.

 

Attivare i messaggi

 

Come avverte la pagina di presentazione del servizio, la CTA “Messaggi” non è ancora attiva in gran parte dei Paesi, fra cui purtroppo l’Italia.

Nel momento in cui sarà disponibile – probabilmente fra pochi mesi – basterà entrare nel proprio account Google My Business, entrare nella sede da gestire e dalla home cliccare nel box “Messaging”.

Ovviamente il numero di telefono deve poter ricevere SMS e l’eventuale costo dei messaggi è quello del vostro piano telefonico. Nel caso abbiate un programma esterno che vi gestisce tutte le comunicazioni con i clienti, Google lo accetta purché abbia un numero effettivo da verificare.

 

Qualche avvertenza

 

Poter chattare direttamente con potenziali ospiti gratuitamente è fantastico, ma è importante farsi trovare sempre pronti a soddisfare le richieste degli utenti. Come succede con Messenger di Facebook, ritardare nelle risposte e offrire informazioni solo parziali potrebbe sortire l’effetto opposto a quello sperato.

È semplice buon senso, ma ricordiamo ai clienti di non fornire mai dati sensibili via chat, da carte di credito fino a codici fiscali; per quanto messaggiare sia comodo, non è esattamente il sistema di comunicazione più sicuro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

HomeRestaurant.com

 

Home Restaurant alla Commissione Europea Cari Amici, la nostra petizione contro la legge italiana sull'Home Restaurant è stata dibattuta a Bruxelles, alla Commissione Europea, giorno 28 novembre. A questo indirizzo trovate il video dell'incontro: https://www.facebook.com/HomeRestaurantIT/videos/1972564706289543/ Quello che posso dirvi è che la Commissione Europea è estremamente a favore dell'Home restaurant e me l'ha confermato tanto in pubblico che in privato. Ascoltate le parole del Presidente della Commissione petizioni, molto chiare: "Riten

 

 

 

 

 

 

Home Restaurant alla Commissione Europea

Yahoo HomeRestaurant.com <mailing@homerestaurant.com> Cari Amici, la nostra petizione contro la legge italiana sull'Home Restaurant è stata dibattuta a Bruxelles, alla Commissione Europea, giorno 28 novembre. A questo indirizzo trovate il video dell'incontro: https://www.facebook.com/HomeRestaurantIT/videos/1972564706289543/ Quello che posso dirvi è che la Commissione Europea è estremamente a favore dell'Home restaurant e me l'ha confermato tanto in pubblico che in privato. Ascoltate le parole del Presidente della 

 

Chiunque viaggi spesso può incappare in una nottata storta in hotel. Magari l’aria condizionata è saltata in pieno agosto, la sveglia promessa dalla reception non arriva oppure, semplicemente, non ti viene offerto tutto ciò che avresti prenotato (e pagato).

Capita, non è la fine del mondo; è pressoché impossibile offrire un servizio perfetto sempre e comunque.

Quello che non deve capitare, però, è di farsi trovare impreparati di fronte a una crisi, con l’ospite che lascia la struttura con una recensione negativa sulla punta della penna.

Molti inconvenienti possono essere rimediati prima del check-out, basta trovare la giusta leva che faccia cambiare opinione al cliente.

 

Quando lo sconto non basta

 

Solitamente quando il cliente si lamenta di qualcosa al check-out, gli viene offerto uno sconto come risarcimento per il fastidio causato, ma quante volte lo sconto viene vissuto dai clienti con malcelato fastidio?

Ogni giorno è facile leggere recensioni di ospiti arrabbiati perché a fronte di una vacanza rovinata, non hanno ricevuto le giuste attenzioni dal management dell’hotel.

Per esempio in questo esempio, un viaggiatore racconta il suo soggiorno da incubo in struttura, “minimizzato” con un semplice sconto sulla tariffa:

“Ce ne siamo andati dopo due notti, visto che lo scarico del water continuava a entrare in funzione tenendoci svegli tutta la notte, nonostante ci avessero assicurato fosse stato riparato. Quando ho fatto notare il problema al check-out, ci hanno risposto con uno sconto di venti sterline! Che generosità!”(Harrogate_7, TripAdvisor)

 

A ogni lamentela il giusto rimedio

 

Talvolta lo sconto sulla tariffa a risarcimento di un inconveniente non viene percepito positivamente dal cliente (soprattutto se è insignificante a fronte della spesa sostenuta).

L’ospite vive questo “regalo” come il metodo più semplice e indolore per liquidare il problema con il minimo disturbo per l’hotel. Un servizio aggiuntivo gratuito a sorpresa o un upgrade sostanzioso faranno invece sentire il cliente ascoltato e coccolato.

Se siete ancora in tempo, e la lamentela viene espressa prima di lasciare l’hotel, mettetevi nei panni del cliente e pensate a cosa potrebbe farvi cambiare umore in quella situazione.

Ecco alcuni dei reclami più diffusi a cui si può porre rimedio senza ricorrere agli sconti.

 

Il sonno disturbato:

“Nottata passata in bianco causa clienti ubriachi e molesti impossibili da gestire da parte del portiere di notte, al mattino un direttore più attento a fumare che al customer care ha solo detto che lo avrebbe fatto presente alla direzione.” (sidiuos, TripAdvisor)

Se la persona non ha chiuso occhio e stava soggiornando da voi per lavoro o per relax, allora il minimo che possiate fare è offrire qualcosa che cancelli la stanchezza dell’ospite, come ad esempio un massaggio gratuito prima della partenza nella vostra spa o in un centro benessere vicino. Il cliente partirà così rinvigorito e rilassato.

 

La camera sbagliata:

“La nostra prenotazione è stata confermata senza che ci rispondessero niente sulla nostra richiesta di una camera in particolare. All’arrivo siamo stati sistemati al primo piano senza balcone dalla parte opposta alla piscina, con gli alberi e la vegetazione a bloccare completamente la luce naturale. Abbiamo chiesto educatamente fin da subito un cambio di camera, ma ci è stato risposto seccamente che erano pieni. Non hanno neanche provato a scusarsi o offrirci qualcosa come rimborso per lo scarso valore della nostra camera rispetto a quella con la vista fantastica dall’altra parte del corridoio.” (Roman049, TripAdvisor)

Non c’è niente che possa rendere un cliente più di cattivo umore della camera sbagliata all’arrivo. Se quella che aveva scelto (o che aveva immaginato di aver scelto) è occupata, almeno procedete a un upgrade immediato in una tipologia superiore, magari con vasca idromassaggio o servizi migliori.

Altrimenti cercate di capire il motivo del soggiorno del cliente per regalargli qualcosa per lui di vero valore. Se ad esempio è un coppia che viene da lontano per una vacanza romantica, offrite una cena a sorpresa a lume di candela in camera. Se è una coppia di adulti a caccia di tour culturali, fate trovate loro pronta la navetta gratuita per una destinazione a loro scelta, o dei biglietti gratuiti per una mostra importante nelle vicinanze. Sicuramente li lascerete senza parole.

 

Servizi prenotati di cui non c’è traccia:

“L’inconveniente è che ho prenotato via internet un soggiorno per una notte con mia moglie facendo richiesta anche di trattamenti benessere (un massaggio x me ed un trattamento estetico x mia moglie). Arrivati al centro benessere non risultavano le nostre prenotazioni: a quanto pare la mia richiesta non era stata inoltrata al personale del centro. Inoltre il centro benessere era affollato.” (Fabiobm, TripAdvisor)

In questo caso il proprietario ha inviato personalmente le scuse con l’invito a prenotare un nuovo week-end gratuito, ma l’hotel avrebbe potuto senza problemi provvedere a fissare dei nuovi trattamenti, a costo di farli in orario di chiusura. In fondo si trattava solo di due trattamenti di un’ora.

Nel caso non abbiate l’opportunità di intervenire prima della partenza dei clienti, l’unico modo per farvi perdonare è inviare una nota personale via mail – ma ancora meglio in cartaceo – contenente le vostre scuse e un soggiorno in regalo o a prezzo vantaggioso presso di voi. Se saprete intervenire a tempo debito, il cliente potrebbe anche chiudere un occhio e lasciar perdere le tanto temute lamentele online, se non addirittura lasciare una recensione positiva.

 

La regola generale, però, è di ricordarsi che i vostri clienti sono ospiti nella vostra struttura. Farli sentire importanti e coccolati, specialmente quando le cose non vanno come dovrebbero, è la chiave per una reputazione a prova di bomba.

 

 

 

L’email marketing è una disciplina spesso sottovalutata, presi come siamo a rincorrere sempre le ultime novità e le ultime teocnologie. Rimane uno dei metodi più efficaci e funzionali per parlare direttamente alla tua clientela, eppure se ne discute sempre poco.

Le catene alberghiere e gli hotel attenti alla comunicazione hanno abbandonato le email generiche, spammate nelle caselle di tutti i propri contatti, e si stanno concentrando sull’invio di contenuti personalizzati e richiesti direttamente dagli utenti. Ma come mettersi al passo coi tempi e aumentare le proprie conversioni grazie all’email marketing?

 

L’email marketing non si improvvisa

 

C’è una tendenza da parte degli hotel a spendere tutte le proprie energie e risorse nel marketing a pagamento, come per esempio il pay per click sui motori di ricerca generalisti o la visibilità nei metamotori. Ha senso: spendendo, è giusto concentrarsi sul raggiungimento del miglior ROI possibile. Il problema è che il tuo database di mail, se basato su precise liste, è importante come tutti gli altri tuoi canali di vendita e richiede la stessa cura e pianificazione.

 

La segmentazione è tutto

 

Il primo passo di qualsiasi piano strategico legato al mail marketing (e non solo) è quello di segmentare e definire il tuo pubblico. Le listone onnicomprensive, in cui tutti ricevono la stessa mail, spesso non sono particolarmente produttive. Lo stesso messaggio a tutti i tuoi contatti ha senso solo in casi di vere informazioni di servizio, come il cambio del nome, del brand o eventi catastrofici di varia natura.

Ecco un esempio di come potresti segmentare la lista di un hotel:

iscritti al blog e alla newsletter;

iscritti alle offerte e pacchetti;

ospiti che hanno prenotato;

ospiti che hanno cancellato la prenotazione;

lingua;

Paese;

durata del soggiorno;

periodo prenotato l’anno precedente;

ospiti che hanno usato il bar o il ristorante dell’hotel;

ospiti che hanno utilizzato le sale meeting;

ospiti che hanno usato la spa.

Puoi anche segmentare in base all’ultima volta che un utente ha interagito con te o ha aperto l’ultima mail. Più segmenti, più i risultati delle tue campagne mail saranno positivi.

Inoltre, segmentando bene il tuo pubblico, ti sarà più facile rispondere all’annosa domanda: cosa comunicare nella tua mail?


Scrivi contenuto che funziona

 

Quando si parla del contenuto di una mail, prima della forma è importante pensare alle ragioni per le quali le persone si sono iscritte.

Alcuni esempi:

vogliono ricevere sconti e offerte;

vogliono essere informati sugli eventi della tua destinazione;

hanno un’affinità con il tuo brand;

sono interessati alla tua offerta enogastronomica;

amano sapere tutte le tue novità.

Ci sono vari metodi per scoprire quali argomenti interessano di più agli iscritti, ma il più comune è quello di provare diversi contenuti e vedere quali utenti rispondono e a quale tipologia di email. Un altro metodo, più diretto, è quello di far compilare un modulo ai tuoi utenti durante l’iscrizione.

Quando conosci le motivazioni, è più facile spingere determinati contenuti al giusto segmento.

Ricordati soltanto che far aprire la tua mail è importante, ma non basta: devi dar loro una ragione per leggerla e, magari, per approfondire l’argomento sul tuo sito web ufficiale.

La regola d’oro dell’email marketing è che se non hai niente di utile da dire, meglio tu non dica niente. Ogni campagna deve essere creata con l’utente in mente, perché il tuo primo obiettivo è quello di premiare le persone che si sono iscritte. Sono interessate a quello che fai, così tanto da condividere con te il loro indirizzo, ma basta una mail sbagliata per tradire la loro fiducia.

 

Non diventare il Groupon di te stesso

 

Offerte e sconti non possono essere l’unico motivo per mandare un’email ai tuoi utenti, anzi. Il tuo business non è basato sugli sconti, come Groupon, ma sul valore della tua struttura, la bellezza della tua destinazione e i servizi che offri tutti i giorni.

Gli sconti ogni tanto vanno bene, ma se mandi una mail al mese con sconti sulla prenotazione nell’ordine del 10-30%, gli utenti inizieranno a percepirti come una struttura cheap o, forse peggio, come un hotel che costa sul sito ufficiale un 10-30% di troppo. L’incentivo per tornare nel tuo hotel, o per venirci la prima volta, non può essere soltanto il prezzo.

 

Qual è la frequenza giusta di invio delle email?

 

Non c’è una risposta perfetta a questa domanda, in realtà. Un hotel non è una rivista periodica, quindi nessuno si aspetta di essere contattato giornalmente o anche settimanalmente.

Una email mensile o bimestrale è per molti la giusta misura, a meno che non ci sia qualche contenuto eccitante da condividere con i tuoi ospiti (e per eccitante non si intende uno sconto del 35% sulle tariffe infrasettimanali). Quando hai deciso la frequenza, cerca di mantenerla sempre, con costanza; i tuoi utenti ci mettono poco a dimenticarti, altrimenti.

 

Le metriche del successo

 

Come per tutto il marketing, è importante misurare i risultati delle tue campagne di email, senza fermarsi al famigerato “last click attribution” di Analytics; esistono altre metriche importanti per valutare la bontà del tuo lavoro.

1. Tasso di Apertura (Open Rate)

Il tasso di apertura ci dice quante persone hanno aperto la tua mail come percentuale del numero totale di mail inviate. Stai attento soltanto a non considerare questa metrica un vangelo: alcuni client di posta aprono automaticamente le mail in arrivo, dandoti un falso positivo, mentre altri non scaricano automaticamente le immagini, bloccando il tracciamento da parte del pixel 1×1 usato per lo scopo.

Più che per l’accuratezza, il tasso di apertura è utile per comparare i tuoi progressi in confronto alle tue precedenti campagne.

Possiamo dare però alcune percentuali che ti possono aiutare a leggere questo dato per le tue prime campagne:

Sotto il 20% = va cambiato tutto.

Dal 20% al 35% = risultato discreto che richiedere qualche ritocco.

Sopra il 35% = risultato ottimo da mantenere nel tempo.

 

2. Click-Through Rate (CTR)

Questa metrica mostra la percentuale di persone che hanno seguito la tua call to action e hanno cliccato sul link presente nell’email. Oltre ad avvicinarti all’obiettivo di conversione, ti dà anche un’idea della relazione fra te e i tuoi iscritti. Un 10% di CTR è un ottimo inizio, puntando col tempo a un solido 20% o più. Un CTR cronicamente più basso del 10% significa avere dei problemi nei contenuti o nel design dell’email.

3. Tasso di cancellazione

Chiamato anche colloquialmente “tasso di fastidio”; quanto stai infastidendo i tuoi lettori? Tenere l’Unsubscribe rate sotto allo 0,2% è lo standard del settore, perciò inizia a investigare quando lo vedi superiore a questa percentuale.

4. Rimbalzi

Esistono due tipologie di rimbalzo:

L’Hard Bounce accade quando mandi una mail a un indirizzo che non esiste più o non è mai esistito. Devi eliminare questi account dalla lista, perché Gmail controlla attentamente questo parametro e potrebbe inserirti nello spam.

Il Soft Bounce succede quando un indirizzo esiste ma non riceve l’email perché, per esempio, ha la casella piena. È meno grave degli hard bounce, ma è bene tenere questo tasso di rimbalzo sotto il 2%.

 

5. Revenue

Se hai impostato tutto correttamente, dovresti poter tracciare le conversioni di ogni singola email che hai mandato ai tuoi iscritti. Ovviamente questa metrica è più importante quando la CTA proposta nell’email ha l’obiettivo di far prenotare.

6. Social Share

Se la tua mail non solo è stata aperta e letta, ma addirittura è stata reinoltrata o condivisa sui social, significa che la tua comunicazione è perfetta, così come i contenuti che hai offerto agli iscritti. Non solo, ma in questo modo raggiungi un pubblico più ampio di quello permesso dalla tua lista, che non è poco!

7. Tasso di abbandono (Churn Rate)

Per quanto tu possa lavorare bene, le persone lasceranno la tua lista, alcuni indirizzi saranno cancellati e c’è chi si lamenterà per ciò che offri. Una lista di email, purtroppo, ha un tasso di abbandono che va dal 20% al 25%. Di conseguenza, per quanto la tua lista sembri ricca numericamente, controlla sempre questa metrica e non smettere mai di generare nuovi contatti!

 

Ricorda il fuso orario

 

Come per il digital marketing, anche l’email marketing funziona se è geo-targettizzato, perché i tuoi ospiti ormai arrivano da tutto il mondo e nessuno legge un’email che arriva sulla casella di posta alle tre di notte. Cerca di inviare le tue comunicazioni in base al fuso orario degli indirizzi della lista per massimizzare i risultati.

 

Conclusione

 

Email marketing è, in sostanza, due cose: segmentazione targettizzata e uno standard elevato per i contenuti. Nessuno vuole una promozione generica nella propria casella. Una campagna email di successo non è formata da cartelloni pubblicitari preparati dal settore Sales del tuo hotel. Sono invece dei reminder specifici e targettizzati verso persone che vogliono davvero sentire quello che hai da dire loro.

Non buttare via questa splendida opportunità di interazione. Usa le email per imparare nuove cose sui tuoi ospiti, sui tuoi prodotti e sull’efficacia del tuo messaggio. Premia chi ti legge con interazioni che abbiano significato. Sii utile, e ne vedrai i frutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10/11/2017

Decolla il primo volo low cost di lungo raggio Italia-Usa

Norwegian inaugura con un 787 Dreamliner i collegamenti a tariffe basse. Al via la rotta Roma-New York da 179 euro per tratta. In cabina un comandante italiano. Dal 9 novembre apre il collegamento con Los Angeles e a febbraio quello con San Francisco

 

 

Airbnb sigla un accordo con il gruppo Chateaux & Hotels: che cosa cambia per gli hotel?

22 dicembre 2016

 

 

Quando abbiamo intervistato Airbnb ad ottobre, abbiamo chiesto al suo portavoce se l’azienda non avesse in mente qualcosa per fare un accordo con le strutture alberghiere. Ci rispose che Airbnb è una piattaforma aperta e che qualunque professionista che abbracciasse la filosofia del portale sarebbe stato ben accetto, ma che di accordi non ce n’erano in previsione.

Qualcosa invece è cambiato, perché qualche giorno fa Airbnb ha siglato uno storico accordo con la catena alberghiera Chateaux & Hotels Collection e tra poco le 500 proprietà alberghiere compariranno su Airbnb.

Dico storico perché in effetti tutto ci saremmo immaginati tranne questo: in primo luogo perché la Chateaux & Hotels è una catena di lusso, i cui clienti non sembrano propriamente gli stessi di Airbnb; in secondo luogo perché per la prima volta in assoluto Airbnb ha fatto un accordo formale con degli hotel, cosa che in effetti stride con il modello di “sharing economy” su cui fonda le basi e la sua filosofia.

La catena Chateaux & Hotels, che appartiene al famoso chef Alain Ducasse, a quanto pare ha scelto Airbnb per avere la possibilità di vedere non solo camere alberghiere, ma anche vere e proprie esperienze. Difatti all’interno della nuova sezione di Airbnb Trips, la catena metterà in vendita cene ed esperienze enogastronomiche, ma anche corsi con bartender, di cucina gourmet e di cioccolato.

Airbnb dal canto suo ha soltanto dichiarato che si sente accomunato al nuovo partner dall’impegno di offrire agli ospiti esperienze uniche e locali grazie a persone e comunità con grande talento e capacità.

La verità è che questo accordo poterebbe aprire diversi scenari per gli hotel indipendenti e trasformare radicalmente il rapporto che hanno oggi con Airbnb.

 

Nuovi scenari per il rapporto tra hotel e Airbnb

Questa partnership tra una catena alberghiera e Airbnb potrebbe avere risvolti imprevisti: per l’hotel vendere su un portale come Airbnb significherebbe non avere alcun costo di commissione, poiché sono i clienti a pagare una fee al momento della prenotazione, ma anche avere la proprietà totale del contatto con il viaggiatore, con la possibilità di conoscerlo prima dell’arrivo, personalizzare meglio il suo soggiorno, tastare il terreno per futuri upselling.

A questo si potrebbe aggiungere la vendita di esperienze come quelle di Chateaux & Hotels, che permetterebbe alla struttura di aggiungere revenue ancillari e di farsi notare.

Certo non riesco a immaginare hotel con 100 camere che gestiscono prenotazioni su un canale indipendente che, almeno per ora, non è contemplato all’interno dei channel manager e che dunque deve essere gestito manualmente.

Per Airbnb avere le strutture alberghiere dalla sua parte potrebbe dare invece ulteriore slancio alla piattaforma, poiché l’arricchirebbe di soluzioni nuove e aprirebbe la sua presenza anche in zone non coperte dagli affitti privati.

Così facendo però, rischia di snaturalizzare il suo modello e rinnegare quella diversità di cui ha fatto un vessillo. Altrimenti rischierebbe di diventare solo un’altra OTA.

 

Voi come vedete una possibile partnership tra hotel e Airbnb, vendereste le vostre camere su Airbnb?

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3 buone idee da rubare a Kayak per ottimizzare le revenue e il servizio in hotel

 

26 dicembre 2016

 

Che cosa c’entra Kayak – uno dei più grandi metamotori di ricerca voli e hotel al mondo – con un hotel indipendente? Niente, direte voi: difficile trovare qualcosa che vi accomuni un big player del turismo internazionale.

Eppure, voi e Kayak potreste avere in comune molto più di ciò che credete. Basta avere il coraggio di cambiare e di innovare. In un’intervista rilasciata a Fortune, il chief technology officer di Kayak, Giorgos Zacharia, spiega come Kayak riesca a crescere e migliorare grazie a strategie che tutti voi potreste mettere in pratica in hotel.

1 – Fate test continui e apritevi al cambiamento

“Conduciamo decine di esperimenti in una sola volta, così quando un utente arriva su Kayak non sappiamo quale feature vedrà. Ogni idea può andare online per qualche settimana o solo per pochi giorni,” conferma Zacharia nell’intervista. “Grazie a questi test, quest’anno le revenue di Kayak sono cresciute del 12%”.

Tutti i grandi portali e metasearch online conducono i cosiddetti A/B test per ottimizzare la navigazione all’interno del sito. È una pratica comune a casa di Booking.com e di Expedia, perché anche i più piccoli cambiamenti su siti con un traffico così alto possono cambiare radicalmente i profitti. Su questi siti viene testato praticamente tutto: dalle dimensioni dei font alla grandezza delle immagini, dalla scelta delle parole al colore dei pulsanti. Niente viene lasciato al caso. Ogni elemento è sottoposto a uno stesso numero di utenti anonimi e quello che porta più risultati si mantiene.

Non che possiate fare lo stesso per tutti gli elementi del vostro sito, ma ogni anno è opportuno valutare con l’agenzia web se testare soluzioni nuove o alternative dove i risultati non sono soddisfacenti. Non escludete di ripensare la grafica del sito se questo ha già qualche anno alle spalle.

 

2 – Affidatevi ai consigli di tutto il team

Uno dei punti di forza di Kayak è il suo modo di far lavorare tutto lo staff per far migliorare il prodotto.

“Quello che distingue Kayak è l’uso dei SWAT team per far nascere e testare nuove idee. Ogni elemento dello staff – non solo gli ingegneri – viene incoraggiato a contribuire. Zacharia ha preso in prestito questo termine dalle forze dell’ordine: sta per Special Weapons And Tactics e indica le unità speciali destinate a operazioni pericolose, salvare ostaggi o affrontare criminali armati. Per anni Zacharia ha assemblato team da ogni parte dell’azienda, allontanandoli dai loro normali progetti e scadenze, e li ha lasciati liberi di risolvere i problemi più difficili.”

L’idea di affidarsi a tutto il team per risolvere problemi o migliorare il servizio è un’attività che dovrebbe essere organizzata in ogni hotel: in primis questo conferisce valore a ogni membro del team dandogli nuova motivazione; seconda cosa questo aiuta a creare senso di squadra e appartenenza; infine spesso avere un punto di vista esterno aiuta a identificare soluzioni che prima non si erano viste.

Anche voi dovreste pianificare il modo per rendere partecipe tutto lo staff nelle attività dell’hotel. Mai pensato di far soggiornare i vostri collaboratori come ospiti per sperimentare le camere e individuare quello che non funziona o che può essere migliorato?

 

3 – Mettete alla prova il team con un contest

Tutto lo staff di Kayak diventa spesso protagonista di veri e propri concorsi settimanali: “Ad aprile è stata inaugurata la prima week competition, durante la quale l’intera azienda è stata divisa in team per fare brainstorming. Il gruppo che ha generato l’aumento di revenue maggiore ha vinto 10.000 dollari. L’idea avrebbe dovuto aiutare a portare più visitatori ad aggiungere un hotel al volo aereo prenotato.”

L’idea di fare brainstorming con tutto il team e indire dei veri e propri concorsi è sempre una buona idea. Alcuni hotel ad esempio lanciano concorsi per aumentare la brand reputation della struttura e premiano i collaboratori che sono più spesso citati nelle recensioni.

Questo è anche uno dei suggerimenti di Wirtz e Kaufman, i due professori che qualche mese fa hanno pubblicato un articolo sull’Harvard Business Review, su come rivoluzionare il livello del servizio in hotel: una delle metriche da tenere d’occhio quando si vuole dare una svolta al servizio dell’hotel è quella delle “nuove idee” e non c’è modo migliore di sfide e concorsi per generarne tante.

 

 

Hotel reputation: perché è fondamentale avere ottime recensioni su Facebook

 

27 dicembre 2016

 

Le più recenti statistiche dicono che il 95% dei viaggiatori legge recensioni online prima di fare le valigie. Di solito le recensioni più lette sono quelle di TripAdvisor o dei portali come Booking.com, ma non dobbiamo dimenticare che ci sono altri canali su cui la gente posta e legge i commenti: il primo e più importante resta Facebook.

Con Facebook Recommendations, una delle ultime novità introdotte dal social network, le recensioni degli hotel avranno sempre più peso.

Ecco perché uno dei buoni propositi per questo 2017 in hotel è sicuramente quello di incentivare i clienti a lasciare una buona recensione sulla vostra pagina Facebook.

 

Le recensioni di Facebook: forse le più attendibili online

Il primo motivo per cui è importante guadagnarsi una buona reputazione su Facebook è che le sue recensioni sono tra le più affidabili che si possano trovare online: per la maggior parte appartengono a profili con nome e cognome e non c’è il rischio dell’anonimato. Inoltre non possono essere né modificate né eliminate dai proprietari dell’attività.

Per chi ha una pagina Facebook dunque è fondamentale avere un buon numero di recensioni positive, oltre a un profilo curato.

 

Facebook Recommendations: ora gli amici possono raccomandare il vostro hotel

Facebook Recommendations è una novità che il social network sta testando in USA da metà ottobre: passata un po’ in sordina qui da noi, si prevede possa diventare un ottimo volano di visibilità per tutte le attività locali.

Come spiega il team di Faceboook sul blog ufficiale: “La gente, quando parte per un viaggio verso una destinazione sconosciuta, cerca un buon parrucchiere o dove mangiare, si rivolge già alla famiglia e ai gruppi di Facebook per un consiglio. Ecco perché stiamo sviluppando un nuovo strumento per rendere più semplice organizzare tutti questi consigli. Quando scrivi su Facebook un post per chiedere un’idea, avrai la possibilità di attivare la funzione Recommendations e i tuoi amici potranno commentare il post con suggerimenti organizzati su una mappa.”

In pratica, ogni volta un utente chiederà ai suoi contatti un’informazione relativa a un’attività locale, Facebook potrà generare in automatico una mappa con i luoghi consigliati dagli amici con il relativo link alla pagina.

Questo strumento non sarà solo utile alle persone, ma anche alle attività, perché darà alle pagine fan maggiore visibilità in modo del tutto gratuito.

Chiaro che, se le Recommendations di Facebook dovessero diffondersi a livello globale, ogni volta che qualcuno consiglierà il vostro hotel, voi dovrete assicurarvi di non deludere le aspettative.

Per farlo sarà necessario:

Ottimizzare la pagina fan con contenuti sempre aggiornati e un buon livello di interazione

Aumentare le recensioni della pagina per dimostrare l’apprezzamento da parte dei vostri ospiti

 

 

5 cose da sapere per posizionare l’hotel su Google nel 2017

 

28 dicembre 2016

 

Searchmetrics, una delle più note aziende SEO statunitensi, pubblica l’ultima edizione del suo Ranking Factors: un punto di riferimento importante per capire come investire per il posizionamento organico della vostra struttura ricettiva.

Come vedrete, le vecchie tecniche di posizionamento, non hanno più il peso di una volta. Adesso al centro di tutto ci sono i contenuti e soprattutto, gli utenti.

Il whitepaper che abbiamo scaricato dal sito ufficiale conta ben 63 pagine, ma per facilitarvi la lettura abbiamo pensato di riportare qui solo i punti salienti.

Come sempre, è doveroso ricordare che i fattori di Searchmetrics sono solo correlati al posizionamento, non sono causali. Questo significa che i risultarti nelle prime posizioni su Google sono caratterizzati dalla presenza di certi fattori in modo più marcato rispetto ad altri, ma non significa che questi fattori siano la causa del ranking nelle prime posizioni.

 

1 – Rilevanza dei contenuti e intento degli utenti al centro del posizionamento

“Lo scopo principale della SEO e di chi fa marketing online oggi è la creazione di contenuti rilevanti per rispondere all’intento dell’utente. Di solito, per contenuto rilevante intendiamo un contenuto in grado di dare una risposta a quanti più quesiti possibili e che affronti i più importanti aspetti dell’argomento. Questo è il modo in cui definiamo il contenuto olistico e comprensivo.”

Questo significa che, anche quando viene redatto un contenuto di approfondimento per l’hotel, è importante tenere conto di tutti i quesiti che si pongono gli utenti online in merito e cercare di dare una risposta esaustiva a quelli che potrebbero essere i dubbi dei vostri potenziali clienti.


 

È interessante notare che la presenza di certe keyword all’interno del testo non è più fondamentale: le pagine che si posizionano meglio hanno il 20% in meno di occorrenze rispetto allo scorso anno e non ci sono casi di keyword-stuffing. Questo perché Google non misura più la pertinenza della pagina in base alle precise parole chiave.


 

Persino i fattori di SEO on-site, come l’ottimizzazione dei meta tag (titolo, descrizione, h1) non hanno più l’importanza di una volta: Searchmetrics ha rilevato che solo il 53% dei top 20 URL include la keyword nel title della pagina.

 

2 – Sui fattori tecnici Google non transige

Anche se i vostri contenuti sono ben fatti e rilevanti, “è molto difficile raggiungere i vertici di Google se la pagina non è facilmente accessibile, facile da consultare e ottimizzata dal punto di vista tecnico.”

Ecco perché è fondamentale affidarsi a una agenzia web capace di realizzare per voi un sito veloce, funzionale e che rispetti alcune caratteristiche tecniche fondamentali, come il protocollo HTTPS (che garantisce la sicurezza dei dati), i link interni e la struttura mobile-friendly.

Unire alla rilevanza dei testi il rigore e la qualità tecnica del sito online è quindi essenziale per raggiungere un buon posizionamento.

 

3 – Il comportamento degli utenti dice a Google quanto è soddisfacente un contenuto

Per valutare la vera qualità di un contenuto, Google si affida ai comportamenti degli utenti in rapporto a quel contenuto: il CTR di una pagina, il tasso di rimbalzo, il tempo di permanenza sono indici fondamentali. Google trae questi dati dai propri risultati di ricerca, da Chrome, da Google Analytics e Android.

Secondo Searchmetrics le pagine che occupano la posizione 1-3 hanno un CTR medio del 36%, mentre il tasso rimbalzo per i risultati della prima pagina è in media del 46% e il tempo di permanenza nei top 10 URL è di 3 minuti e 10 secondi.

Se un utente dimostra di apprezzare una pagina o un sito, il contenuto per Google risulta rilevante. Ecco che quindi, ancora una volta, creare contenuti di qualità è la chiave giusta per accontentare gli utenti e i motori di ricerca.

 

4 – I backlink non hanno più il peso di una volta

I backlink – ossia i link che riceve un sito – sono ancora importanti ma non sono più da tempo gli unici fattori su cui Google basa il posizionamento. A seconda dell’argomento, ci sono siti che raggiungono i posizionamenti top di Google anche senza un gran numero di backlink di qualità.

Inoltre anche i backlink nofollow sembrano avere una buona correlazione con i risultati più in alto in classifica.

 

5 –  I segnali sociali hanno una stretta correlazione con il posizionamento

“La correlazione tra i segnali sociali e il posizionamento è estremamente alta. Ciò riguarda tutti i social network”.

Certo è scorretto dire che molte condivisioni su Facebook o Twitter influenzano il posizionamento, ma Searchmetrics ci dice che le pagine nelle posizioni più alte delle SERP godono anche di grande apprezzamento sui social.

Questo ad esempio è il rapporto tra posizionamento e interazioni Facebook sulla pagina.

 

Conclusioni

Lo studio conferma che ad oggi, un contenuto rilevante allineato con l’intento dell’utente e tecnicamente ottimizzato, sembra essere il fattore di maggior valore in relazione al posizionamento.

Certo per un hotel non è sempre facile creare dei contenuti di alto livello per gli utenti. Per farlo, l’unico modo è mettersi nei panni dei vostri clienti e chiedervi: che contenuti cercano i miei potenziali clienti, quando e perché hanno bisogno di certe informazioni? È lo stesso motivo per cui qualche mese fa vi abbiamo consigliato di sfruttare il vostro sito per fugare i dubbi e rispondere alle domande più frequenti degli ospiti.

Per quanto ci riguarda, anche noi abbiamo constatato da molto tempo che investire in ottimi contenuti di approfondimento sul sito dell’hotel, è una delle attività che ripaga di più in termini di posizionamento, visite e conversioni.

Siamo d’accordo con quello che ha detto Giorgio Taverniti in un divertente video di qualche settimana fa: “La tendenza che sta prendendo sempre più piede è che i SEO adesso cooperano con i motori di ricerca per soddisfare i bisogni degli utenti.”

Se volete approfondire l’argomento, potete scaricare gratis i Ranking Factors dal sito di Searchmetrics.

 

 

Anche Expedia cede all’Instant Booking di TripAdvisor

23 dicembre 2016

 

A ottobre 2015 erano stati Booking.com, Priceline e Agoda ad accettare la corte di TripAdvisor, che per la prima volta metteva le mani su un colossale partner per ampliare l’inventario degli hotel da aggiungere all’Instant Booking.

Da oggi anche Expedia partecipa, mettendo la firma su un accordo che sancisce il predominio di un modello di vendita – quello dell’Instant Booking – che presto o tardi interesserà tutti, dalle OTA agli hotel indipendenti.

Inizialmente sia Booking che Expedia avevano risposto con un secco no all’invito di aderire all’Instant Booking, che permette di vendere direttamente all’interno dell’interfaccia di TripAdvisor pagando una commissione sulle prenotazioni andate a buon fine.

Poi Booking cedette, pur assicurandosi che TripAdvisor non oscurasse la centralità del brand durante l’acquisto.

Il CEO di Expedia Dara Khosrowshahi disse invece che avrebbe preferito di gran lunga aderire al Book Now di Google piuttosto che all’Instant Booking di TripAdvisor, anche se molto probabilmente le riserve mostrate erano solo un modo per mascherare la delusione di un contratto di esclusività firmato tra TripAdvisor e Priceline.

Un’ipotesi plausibile visto che a poco più di un anno di distanza Expedia è subito saltata sul carro dell’Instant Booking, desiderosa di recuperare lo scarto rispetto al competitor.

Expedia per ora aggiungerà all’Instant Booking solo una scelta dei suoi hotel, per adesso acquistabili solo da desktop in USA, il canale che ha dimostrato il più alto tasso di conversione.

Come abbiamo scritto qualche mese fa, è chiaro che TripAdvisor sta tentando, anche se con qualche difficoltà, di abbandonare il modello pay-per-click di TripConnect per investire tutto su Instant Booking, cosa che gli garantirebbe una monetizzazione più solida e aumenterebbe al massimo le possibilità di convertire.

 

 

 

 

7 cose bellissime da mettere in pratica in hotel rubate a Michil Costa a BTO 2016

 

Michil Costa, proprietario dell’Hotel La Perla di Corvara in Badia, l’ho ascoltato per la prima volta a BTO 2016, e sono stata conquistata.

Michil e la sua famiglia hanno messo al centro dell’hotel valori umani e culturaliche spesso molti ignorano a favore di una logica puramente commerciale. Il rispetto per l’essere umano e per l’ambiente, l’amore per il paesaggio e per il prossimo, non sono vuote promesse enunciate nella speranza che portino più ospiti, ma ideali veri, reali, vissuti in ogni cosa in modo rigoroso. Pensavo proprio che non fosse possibile, e invece…

“L’albergo, che spettacolo!” è l’intervento che ha chiuso il primo giorno di BTO. Io mi aspettavo uno dei soliti speech, con spiegazioni e regole da seguire, invece mi sono trovata davanti una lezione di ospitalità e di umanità a cui raramente ho avuto l’occasione di assistere. Una valanga di aneddoti, pensieri, concetti che mi hanno fatto anche un po’ commuovere.

Questo è quello che sono riuscita a salvare dei pochi appunti che sono riuscita a prendere.

“Il turismo senza valori è svuotato del suo significato più profondo.” E infatti Michil Costa ci ha raccontato di aver posto le basi del suo fare accoglienza su 5 pilastri fondamentali:

Dignità dell’essere umano

Solidarietà

Trasparenza

Ecologia

Sostenibilità

“Il vostro cliente non è un portafogli” e non è neanche un cliente. Casomai è un’ospite, una persona vera, da ascoltare e da cui imparare. E l’hotel è prima di tutto è un luogo di convivialità più che un esercizio commerciale. Il cliente è unico e irripetibile, come è unico e irripetibile l’hotel. Dimenticatevi dei turisti e dell’occupazione. Abbandonate i luoghi comuni che cercano di affibbiare ai vostri luoghi. Allontanatevi dalla banalizzazione dell’esperienza e abbiate il coraggio di essere voi stessi, indipendentemente dalle richieste di mercato. D’altronde il motto della Perla è “Creiamo benessere consapevolmente dando valore alla persona, perché occuparsi dell’altro è piacere”.

“Qualità significa dare di più all’ospite di quello che si aspetta. Io non voglio accontentarlo, ma stupirlo. Il contatto – toccarsi a vicenda – è importante: mi lascio ispirare dagli ospiti e cresco con loro.” E i clienti apprezzano i valori aggiunti dell’Hotel La Perla, come i suoi ideali sociali e la comunicazione trasparente. Perché “l’ospite accetta un po’ di finzioni, sa benissimo che in hotel ci sono, ma non accetta le bugie”.

“Noi vogliamo vivere così, abbiamo cura dei dettagli, dei nostri collaboratori. Soprattutto dei collaboratori.” Il modello applicato dai Costa è un modello partecipativo: “Non c’è un modello a piramide, ma circolare, perché siamo tutti importanti.”
Alla Perla, ha spiegato che c’è una forte etica salariale, niente viene fatto in nero, si rispetta l’equità dei compensi, le mance sono tutte trasparenti e tutte equamente divise, perché quello dell’hotel è un lavoro di squadra, non di singoli tiratori.
“Facciamo continuamente sondaggi interni, per capire come i nostri collaboratori mangiano, come dormono.”
Tutti possono andare in piscina e farsi fare massaggi a prezzo politico e c’è una casa per i collaboratori che viene autogestita dai dipendenti e che puntualmente, alla fine della stagione, è più bella di quando la stagione è cominciata.
Tutto è improntato al rispetto reciproco, ma anche all’alta formazione: “I ragazzi non dicono buon appetito, non danno la mano dicendo “salve”, perché non si fa. C’è massima attenzione alle buone maniere, ecco perché facciamo formazione gratuita per tutti i collaboratori. Per due giorni sono nostri ospiti e tutti noi cuciniamo e facciamo i letti per loro. Perché vogliamo tirarne fuori il meglio, vogliamo che siano educati, in tutti i sensi. I ragazzi sono come una squadra di calcio, devono essere allenati, motivati.”

“A Corvara siamo lontani dal mondo, è più difficile arrivare qui e quindi gli ospiti si fermano più a lungo. Ma questo va bene, perché il turismo deve rimanere sostenibile per l’indigeno, il local. E l’hotel deve essere sostenibile e socialmente compatibile, aperto non solo al viaggiatore, ma anche ai local”.
Forse è per questo che Michil Costa è un accanito sostenitore del turismo legato alle maratone e al ciclismo, ma un po’ meno a quello delle auto: “Dovremmo avere cura dei luoghi ed evitare l’horror motor show chiudendo i passi dolomitici alle macchine.”
Il turismo a tutti i costi costa tanto all’ambiente e a chi ci abita: “No all’aeroporto, sì al treno: gli ospiti arriveranno lo stesso se ne vale la pena e questo perché crediamo nel bene comune.”

Prendetevi le vostre responsabilità e condividetele con i vostri fornitori: Michil Costa adotta un metro molto rigido nella selezione dei suoi. Si assicura che siano rispettosi dei dipendenti, che mantengano gli obblighi contrattuali, che producano in modo sostenibile. “Se non si attengono al nostro codice, cambiamo fornitore. Abbiamo il prodotto locale ma anche quello che viene da lontano, se c’è il rispetto dell’altro. Evitiamo le multinazionali anche se è difficile: noi non teniamo Coca Cola, il 50% dei nostri vini sono biologici. Non serviamo carne tutti i giorni e c’è una giornata veg, i nostri uffici sono nuovi e sostenibili.”

“La solidarietà è diversa dalla tolleranza. Noi abbiamo una onlus dal 2007 e ci occupiamo di bambini esuli tibetani. Aiutiamo l’Uganda. Raccogliamo soldi per fare del bene. Seguiamo noi stessi i progetti.”
Può un hotel fondare e guidare una onlus? Io, che in una onlus ci ho lavorato, prima e per sempre come volontaria, poi come addetta alla comunicazione, avrei detto che no, non è possibile. Non che le due cose siano incompatibili, ma una onlus che opera in Paesi lontani è difficile da gestire: ci sono mille obblighi legali, mille trappole, mille ostacoli linguistici e culturali. Senza contare la naturale diffidenza della gente nel donare e nell’ascoltare. Eppure la famiglia Costa ha deciso di investire in questo progetto solidale e di trasformare il suo hotel in un luogo dove difendere e sensibilizzare alla solidarietà. Questo è quello che si può definire al 100% un progetto di marketing 3.0 così come lo ha concepito Philip Kotler: un marketing che passa attraverso al capacità di un’azienda di cambiare il mondo.

“Dobbiamo accontentarci, ma del giusto. Fare le cose belle, bene. C’è una rivoluzione in atto e noi dobbiamo partecipare, dobbiamo osare. – dice Michil in conclusione al suo intervento – Dobbiamo incorporare i valori spirituali. Coinvolgere le persone dando loro la possibilità di essere creativi, di esprimersi. Non basta il pensiero, bisogna agire. Possiamo cambiare le cose, creando cose belle e felici.”

Certo, qualcuno di voi mi dirà che non è facile abbracciare un’idea di ospitalità così radicale, così progressista, così priva di compromessi. Utopia? No, piuttosto una scelta.

 

 

 

 

Facebook: il cliente diventa fedele all’hotel grazie alle esperienze

10 novembre 2016

 

Coltivare un vecchio cliente è molto meno costoso che trovarne uno nuovo. Ma nel settore alberghiero, dove c’è una competizione all’ultimo sangue che spesso si riduce solo a una guerra di prezzi, fidelizzare è davvero difficile.

Uno studio di Facebook getta luce sulle motivazioni che rendono un utente legato sentimentalmente a un brand e posso già dirvi che non è una questione di prezzo.

“Modern Loyalty: Love in a time of infinite choice”, ossia “Lealtà moderna: l’amore al tempo delle scelte infinite”. Questo è il titolo dato da Facebook al suo sondaggio. Sì, perché in un tempo come quello in cui viviamo, dove ci sono infinite scelte a disposizione per qualsiasi servizio e prodotto, sembra davvero impossibile fidelizzare un cliente. Eppure non tutto è perduto perché l’amore tra cliente e brand può ancora scoccare!

Ce lo dice Facebook dopo avere analizzato le risposte di 14.700 utenti statunitensi per capire le radici della fidelizzazione in 5 settori centrali dell’economia americana: gli hotel, le compagnie aeree, le assicurazioni auto, i supermercati e i ristoranti.

 

La differenza tra cliente fidelizzato e acquirente assiduo

Facebook ci tiene a sottolineare la differenza tra Brand Loyalists, ossia chi è fedele a un brand, e Repeat Purchasers, ossia chi si limita ad acquistare più volte un prodotto da un’azienda.

Un Brand Loyalist di solito è un Repeat Purchaser, ma non è detto il contrario e c’è una bella differenza di atteggiamento verso il brand da parte dei due soggetti. Nell’ambito alberghiero, chi si limita a soggiornare più volte in una stessa struttura ma non si dichiara fedele a quel brand, dice di averla scelta per il prezzo e la location, mentre i clienti fidelizzati sono più interessati ad altri aspetti, soprattutto il servizio offerto e la fiducia.

Un dato su cui è bene riflettere se volete davvero fare in modo che i clienti tornino da voi.

 

I Millennial si fidelizzano più facilmente

A dispetto di quello che si possa pensare, i Millennial, ossia le fasce più giovani di viaggiatori (18-34), si sono dichiarati molto più disponibili a seguire fedelmente un brand, per l’esattezza 1,75 volte in più rispetto ai Boomers (55+), ma hanno anche ammesso di trovare alcuni impedimenti nel farlo.

Nel caso degli hotel, la barriera più grande alla fidelizzazione è la difficoltà a interagire con l’hotel direttamente. Forse perché questi clienti cercano spesso di mettersi in contatto con la struttura via social media o chat, ma non sempre l’hotel è presente e attivo su questi canali.

 

I neogenitori sono quelli più facili da fidelizzare

Gli utenti più disponibili a diventare fedeli a un brand sono i neogenitori. Il 42% di coloro che hanno un figlio sotto i 12 mesi si descrive come un brand loyast rispetto al 33% dei genitori che hanno figli sopra i 18 anni.

I genitori di figli piccoli si dimostrano fidelizzati soprattutto a certi brand alberghieri, forse perché per questo tipo di viaggiatori conta il livello di servizio offerto piuttosto che il prezzo. Chi viaggia con i figli ha priorità diverse da chi non ne ha, ed è disposto a mettere davanti a tutto un buon servizio family friendly.

 

Le esperienze contano più del prezzo

Forse il dato più interessante della ricerca di Facebook riguarda le motivazioni che rendono un utente fedele a un brand. Per capirlo, gli intervistati hanno dovuto descrivere i brand che amano e le loro parole sono state messe al setaccio per individuare la frequenza e la categoria di appartenenza.

Il risultato è che la maggioranza delle parole usate (delizioso, gusto, innovativo, ecc.) si riferisce all’esperienza di viaggio e in secondo luogo alla qualità dei servizi.

 

 

 

 

 

 

Rivoluzione Mobile: Google annuncia l’indicizzazione a partire dal sito mobile

11 novembre 2016

 

 

 

La rivoluzione mobile era già in atto dal un bel po’, ma adesso è ufficialmente arrivata al culmine. Google ha infatti dichiarato che presto posizionerà i siti web a partire dalla versione mobile. Come a dire: ehi, oggi quello che conta è farsi trovare sul telefonino! Il desktop è solo roba da vecchi.

Per gli hotel una nuova sfida si profila all’orizzonte: riuscire a convertire ed essere efficaci soprattutto da piccolo schermo.

Indicizzazione mobile-first: che cosa significa e cosa implica

“Oggi la maggior parte della gente fa ricerche su Google utilizzando un dispositivo mobile. Detto questo, i nostri sistemi di indicizzazione ancora guardano tipicamente alla versione desktop di una pagina di contenuto per definire la sua rilevanza agli occhi dell’utente. Questo può creare dei problemi quando la versione mobile ha meno contenuto, perché i nostri algoritmi non sono in grado di valutare la vera pagina vista dall’utente. Ecco perché, per rendere i nostri risultati più efficaci, abbiamo cominciato a sperimentare un’indicizzazione mobile-first. Anche se il nostro search index continuerà ad essere uno soltanto per siti e applicazioni, alla fine i nostri algoritmi useranno la versione mobile di un sito per posizionare le sue pagine.” (fonte: Google Webmaster Central Blog)

Quello che Google sta dicendo è che oggi il mobile conta molto più del desktop, perché tutte le azioni degli utenti, dalle ricerche agli acquisti, si stanno spostando massicciamente su smartphone. Se non fosse così, Google non si sarebbe spinto tanto in là da voler dare più peso alle pagine mobile di un sito rispetto a quelle desktop.

Sviluppare un’indicizzazione mobile-first vuol dire ripensare daccapo l’intero processo, secondo criteri e fattori di posizionamento forse del tutto nuovi. Questo significa mobile-first: disegnare un prodotto a partire dalla versione mobile, come se il desktop non esistesse nemmeno. Pensare e sviluppare secondo criteri di usabilità tutti mobile.

Per gli hotel e le altre attività che vendono online, significherà riconsiderare completamente la struttura del proprio sito e il processo di acquisto offerto all’utente. Foto leggerissime, contenuti asciutti ed efficaci, booking engine per prenotare in pochi clic.

 

Come affrontare la rivoluzione

Il nuovo algoritmo andrà online a breve ma nel frattempo Google snocciola una serie di suggerimenti utili anche per l’hotel. Noi vi consigliamo di prendere appunti e di discuterne con la vostra agenzia web:

Per stare al riparo dai problemi, la cosa migliore è adottare un sito in uno di questi due formati:

Responsivo: un solo sito che si adatta alle dimensioni dello schermo da cui è visualizzato

Adattivo: un sistema che mostra la versione del sito desktop, mobile o tablet a seconda dello strumento usato

Assicuratevi che il sito sia stato ottimizzato con i dati strutturati, ossia un codice standard che aiuta i motori di ricerca come Google e capire meglio i contenuti delle pagine

Se avete due versioni distinte del sito dell’hotel, una desktop e una mobile, assicuratevi di aggiungere alla Search Console entrambi i siti, in modo da poter verificare l’indicizzazione e gli eventuali errori. La Search Console è uno strumento gratuito di Google per verificare la proprietà del sito e per monitorare la sua presenza sui risultati di ricerca.

 

 

 

 

 

 

 

 

Instagram: come aumentare i follower dell’hotel senza spendere un centesimo

 

Aumentare il numero dei fan di una pagina Facebook non è facile e molto spesso è necessario investire in una campagna a pagamento per ottenere risultati apprezzabili.

Su Instagram invece è tutto molto più agevole: basta scattare buone foto e applicare alcuni accorgimenti per aumentare i follower e la visibilità dell’hotel, senza dover ricorrere a costose promozioni.

Alla gente piacciono le foto: le foto fanno volare la fantasia più di qualsiasi altra cosa e a volte sono il grilletto che fa scattare la voglia di partire, di andare in vacanza. Ma come accade per tutti i social, se l’hotel non ha un buon seguito, qualsiasi strategia marketing andrà sprecata.

Se siete appassionati di Instagram e volete aumentare la vostra schiera di seguaci vi diamo alcune dritte per farlo senza spendere:

1 – Redente pubblico il profilo

Il profilo di Instagram può essere pubblico o privato: assicuratevi di togliere la spunta a “account privato” e magari passate a un profilo aziendalecollegando l’account a Facebook, così sarete avvantaggiati nell’individuazione di contatti di valore. Se il vostro profilo rimane privato, solo gli amici potranno vedere i vostri post.

2 – Scegliete gli hashtag con cura

Uno dei fattori più importanti per ottenere visibilità è quello di scegliere bene gli hashtag, perché in questo modo chi farà una ricerca per un dato hashtag potrà imbattersi nella vostra foto e seguirvi. L’applicazione, quando digitate un hashtag, di solito consiglia in automatico alcuni tra quelli più popolari, ma voi seguite questi criteri. Selezionate quelli:

Più usati

Non troppo generici

Ben tematizzati

Geolocalizzati

Il numero massimo di hashtag che potete inserire in un post è 30, ma se non volete “imbrattare” visivamente il vostro post, potete aggiungerli in un commento, funzionerà lo stesso.

3 -Curate la qualità degli scatti

Se volete essere notati, ponete la massima attenzione a pubblicare scatti di alto livello. Dotatevi di un cellulare che vi garantisca la massima qualità delle foto, sia in esterno che in interno, oppure ricorrete a un escamotage per postare sul vostro profilo foto professionali realizzate da un fotografo di fiducia. Certo si perde un po’ il bello dello scatto in tempo reale, spontaneo. Però ci si guadagna in termini di visibilità.

A dirla tutta Instagram non permette di caricare foto da PC, ma esistono delle applicazioni gratuite per riuscirci. Ad esempio Gramblr, che non dà la possibilità di modificare le foto come su Instagram, e Grum.co, con cui potete anche programmare ora e giorno della pubblicazione.

4 – Mantenete uno stile e trovate un filo conduttore

Se volete diventare riconoscibili scegliete uno stile per le vostre immagini e magari anche un tema ricorrente. A me ad esempio piacciono le colazioni riprese dall’alto dell’Hoxton Hotel.

 

5 – Ricondividete gli scatti più belli dei clienti

Un modo sicuro per creare engagement e farvi notare è ricondividere gli scatti fatti dai vostri clienti in struttura. Anche questo non è permesso da Instagram, ma esistono delle applicazioni gratuite da scaricare sul cellulare, come Regrann o Insta Repost.

Altrimenti, perché non chiedete ai vostri clienti di inviarvi i loro scatti? Scrivetelo in camera, pubblicatelo su Facebook e sul sito. A tutti piace vedere le proprie foto in giro per il web, prendete esempio dall’Australia, che invita la gente a postare con #SeeAustralia e @Australia per dare il permesso all’ufficio del turismo di ricondividere i contenuti!

Questo invece è un repost del nostro cliente l’Hotel Madrid, che ha un profilo Instagram davvero curato.

6 – Instaurate dei rapporti

Non dimenticate mai che Instagram non è una vetrina, ma si fonda su un meccanismo social di commenti e like. Imparate anche voi a seguire il profilo degli utenti che si sono interessati a voi e create un rapporto. Saranno i primi a ricondividere i vostri scatti e dimostrarvi apprezzamento.

 

Di uragani, terremoti, empatia e marketing 3.0 in hotel

3 novembre 2016

 

La terra dell’Umbria e delle Marche trema ancora e io faccio davvero fatica a concentrarmi. Il pensiero corre a quelle tendopoli dove migliaia di persone come me attendono chissà che cosa senza più un tetto, senza lavoro, senza niente.

Stamattina mi è sembrato tutt’altro che casuale imbattermi in un articolo che parla di come i brand del settore turistico abbiano reagito ai disastri causati dall’Uragano Matthews in Florida. Alcuni aprendo le porte agli evacuati, altri trasformandosi in veri sciacalli. Una scelta decisiva e coraggiosa che può distruggere o elevare un hotel nel giro di poche ore.

Generosità vs profitti: una scelta che può ridefinire la percezione di un brand

Miriam Ellis, una redattrice di Moz, ha dedicato un interessante pezzo alla “Local Empathy”, la capacità di un brand di affrontare con generosità i problemi della comunità locale.

Il modo in cui un brand reagisce a un’emergenza di grande portata – come può essere un uragano o un terremoto – è capace di ridefinire la percezione che gli utenti hanno di quel brand e la Ellis ci mostra un esempio lampante tratto proprio dal mondo dell’ospitalità.

Mentre l’uragano devastava interi stati spingendo milioni di persone lontano dalle proprie case, due brand del turismo hanno reagito in modo completamente opposto: il BRAND A – la Days Inn della Wyndham, catena alberghiera in franchising – è stata messa sotto inchiesta per aver fatto “price gouging”, ossia per avere quadruplicato i prezzi delle camere per sfruttare lo stato di emergenza. Una pratica considerata illegale in USA. Il BRAND B, ossia Airbnb, ha messo invece a disposizione dei suoi host la possibilità di condividere l’abitazione a zero costi per aiutare gli sfollati senza un posto dove stare.

“Airbnb ha investito tutte le risorse a sua disposizione per sviluppare un piano strategico per le emergenze, inclusa l’assunzione di un esperto per la gestione della risposta a un disastro e ha operato una riscrittura del codice del portale per abilitare gli affitti gratuiti, cosa che altrimenti non sarebbe stata possibile.”

La voce della gente, sui social e su tutta la Rete, non ha tardato a farsi sentire: Airbnb ha raccolto dichiarazioni di stima e di apprezzamento, mentre la Days Inn è stata sommersa dalle critiche.

La catena in questione non era preparata a gestire questi avvenimenti e le richieste da parte del pubblico e dei media e le dichiarazioni del direttore non hanno fatto che peggiorare le cose: “Io non so niente dei prezzi. Mi occupo solo di gestire l’hotel. Non sono responsabile dell’inventario e delle tariffe, che vengono gestiti dalla proprietà.”

Questo è stato il risultato sui social: commenti negativi e una terribile ripercussione sull’immagine del brand.

 

In Italia la generosità diventa virale

La situazione che si è creata in America con l’Uragano Matthews ha diverse affinità con quello che sta accadendo nel centro Italia per il terremoto. In entrambi i casi migliaia di persone sono dovute fuggire e dormire in macchina per giorni. Ma qui in Italia fortunatamente gli hotel hanno avuto tutt’altro atteggiamento verso la gente. La generosità e l’empatia dimostrata da tante strutture ricettive durante le emergenze sono diventate motivo di orgoglio per tutti.

Durante il terremoto di agosto non solo Airbnb ha dato la possibilità ai proprietari di case di offrire i loro alloggi in modo gratuito, ma sono state moltissime le strutture ricettive a mobilitarsi, come queste, il cui appello è diventato virale in poche ore:

Certo, qualcuno potrebbe pensare che in questo modo le strutture ricettive si fanno pubblicità, ma  se il gesto alla base dell’iniziativa è autentico e genuino, la gente non tarderà ad accorgersene, come le decine di persone che hanno scritto a questi hotel e hanno condiviso il loro appello per dimostrare solidarietà. Come sostiene Philip Kotler  in marketing 3.0: “Per riuscire a connettersi con i consumatori a livello umano, le marche devono sviluppare un DNA di autenticità quale elemento chiave di una vera differenziazione.”

Stessa cosa vale per le strutture che si sono messe a disposizione dello Stato per ospitare gli sfollati pochi giorni fa, come è successo al Villaggio Holiday di Porto Sant’Elpidio.

In questo caso probabilmente non si tratta di una iniziativa gratuita, ma l’impegno che la struttura in chiusura stagionale ha dimostrato per riaprire le porte in meno di cinque ore, trovare il personale, allestire delle sale gioco per i bimbi e accogliere con un sorriso queste persone, non passerà inosservato, e qualcuno è già pronto a dirlo pubblicamente, come la signora Catia sulla pagina Facebook della struttura:

 

Quando decidete di muovervi, fatelo con consapevolezza

Intervenire a nome dell’hotel in situazioni delicate come questa richiede una buona dose di riflessioni e di cautela, perché qualsiasi cosa farete, direte o scriverete vi metterà immancabilmente sotto i riflettori dei media.

Quelli che vi abbiamo mostrato sono esempi che dimostrano molto bene come tutte le iniziative di questo tipo possano avere enormi ripercussioni sul brand, sia in positivo che in negativo.

Una cosa deve essere chiara: qualunque cosa decidiate di fare per rendere questo mondo un posto migliore, fatelo con cognizione di causa e in modo condiviso. Se la proprietà, la direzione e lo staff degli hotel saranno allineati e capaci di interpretare l’impegno preso attraverso il loro operato, con trasparenza e correttezza, la vostra generosità diventerà la migliore storia di voi, da raccontare e da condividere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Airbnb: tutta la verità sulla sharing economy in Italia

 

Airbnb danneggia la nostra ospitalità. Airbnb è una minaccia per gli hotel. Airbnb ha dato modo alle strutture irregolari di aggirare la legge. Sono tante le critiche che vengono mosse ad Airbnb dagli albergatori italiani.

Ma per ora si è trattato solo di chiacchiere. Adesso è Airbnb stesso che svela agli Italiani tutti i numeri del suo business.

Gli host italiani sono 83.300

Quanto incide realmente questo business sul totale del turismo italiano? Abbiamo provato a fare due conti per chiarirci le idee e abbiamo confrontato i dati Airbnb con quelli delle strutture ricettive italiane.

Il report, realizzato in collaborazione con Sociometrica e pubblicato su Issuu, svela che nell’ultimo anno sono stati 83.300 gli Italiani che hanno sfruttato la prima o la seconda casa per ospitare turisti, arrivando a guadagnare in media 2.300 euro all’anno con le eccezioni del caso: a Firenze il guadagno medio annuale è di 6.300 euro, a Roma di 5.500 euro, a Milano 2.700 euro.

Ogni annuncio ha generato in media 26 notti di pernottamento all’anno, tranne a Firenze, dove la media annuale raggiunge le 64 notti e Roma dove arriva a 50.

“Gli host Airbnb italiani nella maggior parte dei casi affittano occasionalmente il loro alloggio nel corso dell’anno, ottenendo così dei redditi supplementari, modesti, ma pur sempre importanti per far quadrare i conti,” riporta il documento.

Se calcoliamo che per ogni host ci sono in media 1-2 annunci, in totale avremo dagli 84.000 agli oltre 160.000 alloggi. Un’offerta sicuramente superiore a quella delle strutture alberghiere (33.290) ed extralberghiere (125.122) censite dall’ENIT.

In questa immagine potete vedere il confronto tra gli alloggi Airbnb e gli Hotel di Firenze:

 

Solo il 7% dei turisti sceglie Airbnb

Se l’offerta Airbnb appare ampia e diffusa in tutta Italia, il report fa intuire che la maggior parte dei viaggiatori ancora sceglie alloggi tradizionali.

VIAGGIATORI: Negli alloggi Airbnb hanno trovato posto 3,6 milioni di persone. Secondo i dati più recenti condivisi dall’ENIT gli arrivi in Italia nel 2015 sono stati 53.297.401, quindi solo il 7% avrebbe dormito in un alloggio Airbnb.

Nel 92% dei casi si tratta di persone in vacanza, mentre solo pochi utilizzano questo tipo di alloggio per un viaggio di lavoro.

L’87% di chi ha scelto Airbnb dice di averlo fatto soprattutto perché desiderano “vivere come le persone del posto”.

Quasi 100.000 posti di lavoro supportati

Airbnb ci tiene a sottolineare che il suo servizio è un propulsore di crescita per il turismo e non una minaccia, come alcuni sostengono. L’impatto economico complessivo ammonterebbe a 3,4 miliardi di euro e avrebbe supportato 98.400 posti di lavoro.

“Il viaggiatore medio con Airbnb spende il 38% del proprio budget presso le imprese locali del quartiere nel quale soggiorna. Gli ospiti di Airbnb, durante la loro visita, spendono in media 738M € in ristoranti e bar. Gli ospiti di Airbnb hanno consumato quasi 13 milioni di cene in Italia.”

 

Evasione fiscale e strutture irregolari: il lato oscuro di Airbnb

Se vogliamo davvero avere un quadro completo del fenomeno Airbnb in Italia bisogna fare i conti anche con l’aspetto legalità. Nel corso di questi ultimi anni sono state tante le denunce avanzate nei confronti della piattaforma di affitti privati.

A Venezia l’azienda Reset ha condotto una ricerca che dimostra la differenza tra strutture dichiarate e gli annunci online: “Venezia è un enorme albergo diffuso, che però sfugge ad ogni controllo e soprattutto c’è un’ampia zona grigia che non partecipa alla raccolta della tassa di soggiorno o peggio non dichiara presenze né introiti.”

Pare che anche a Firenze, dove Airbnb si è impegnata a raccogliere e versare al Comune la tassa di soggiorno, il 90% delle strutture di Airbnb non dichiari i propri guadagni. L’Assessore al Bilancio Lorenzo Perra ha dichiarato che è stato già istituito un ufficio per recuperare il sommerso… “dieci milioni di euro almeno”!

Questa immagine pubblicata su La Stampa a febbraio 2016 riepiloga lo scostamento tra annunci Airbnb e locatori dichiarati: basta guardare la disparità registrata a Milano e a Torino per rabbrividire…

Ma come è possibile, se tutti i pagamenti su Airbnb vengono tracciati alla luce del sole?

«Smascherare gli evasori è molto difficile», ha dichiarato alla stampa Alberto Reda, generale dellaGuardia di Finanza a Venezia, raccontando un fatto inedito «Nell’inverno 2015 siamo stati nella sede italiana di Airbnb. È stata una visita conoscitiva. Abbiamo chiesto gli elenchi dei locatori, ma non ce li hanno forniti spiegando che i dati erano custoditi sui server all’estero». Airbnb se la cava con una postilla rivolta ai suoi host: «Sei responsabile della gestione delle tue tasse e degli eventuali obblighi fiscali».

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